Ambrogio Contarini, 500 anni fa ambasciatore della Serenissima in Persia

Lunedì 14 Ottobre 2019 di Alberto Toso Fei
Ambrogio Contarini visto da Bergamelli
6
Il suo nome è legato a un libro che ha un titolo lunghissimo, Questo e el viazo de misier Ambrosio Contarin ambasador de la illustrissima signoria de Venesia al signor Uxuncassam Re di Persia, e che fu pubblicato a Venezia attorno al 1486. Ambrosio Contarin è lui, Ambrogio Contarini, e quello descritto nel volume - raccontato in prima persona e contenente anche una descrizione del lungo periodo che il nobile veneziano trascorse a Mosca durante il viaggio di ritorno è il resoconto dettagliato della sua esperienza al servizio della Serenissima come ambasciatore presso la corte di Uzun Hasan, re di Persia e nemico conclamato dei Turchi.
Uno scritto ricco di descrizioni accurate di persone, luoghi, circostanze, al punto da essere diventato celebre pur non essendo un capolavoro di letteratura. Ma facciamo un passo indietro: nato nel 1429 da Benedetto Contarini e Giustina Giustinian, poco più che ventenne Ambrogio Contarini curò gli affari di famiglia a Costantinopoli e partecipò con tutta probabilità all'inutile difesa della città nel 1453 quando conquistata dai Turchi divenne capitale dell'impero Ottomano. Vi risiedette comunque per altri dieci anni ma, sorpreso dallo scoppio della guerra turco-veneta, fu arrestato insieme con altri mercanti veneziani. Riuscirono a fuggire tutti e a raggiungere Venezia nel 1464, dove Contarini riferì al Consiglio dei Pregadi sui preparativi di guerra della flotta turca. A Lesbo, dove si era fermato sulla via del ritorno, aveva trovato anche il tempo di recuperare una mano di Santa Marta, della quale fece dono alle suore dell'omonimo monastero. Nel decennio successivo si divise tra commercio e guerra, prima veleggiando verso la Barberia e le Fiandre, e poi dal 1470 comandando una galea col grado di sopracomito e partecipando alle operazioni militari contro i Turchi. Fu dopo quest'ultima esperienza che la Repubblica lo inviò in missione diplomatica a Isfahan, capitale della Persia, col compito di stringere con Uzun Hasan una alleanza contro l'impero Ottomano. Partì così nel febbraio del 1474 coi soldi necessari al viaggio cuciti dentro gli abiti accompagnato dal cappellano e cancelliere Stefano Testa, da un interprete e due servitori. Incontrò il sovrano persiano in ottobre, dopo aver attraversato tutta l'Europa centrale. Dalla Signoria aveva ricevuto due commissioni: una palese, ovvero l'incitare Uzun Hasan a muovere guerra ai Turchi, garantendogli l'aiuto veneziano; e una segreta che mirava, in caso di accordi di pace tra la Persia e l'impero Ottomano, a ottenere che tra le clausole ci fosse la restituzione a Venezia delle fortezze di Negroponte e di Argo, o perlomeno che la Repubblica venisse inclusa nelle trattative. Entrambe le proposte furono rifiutate. Il viaggio del ritorno fu interminabile: dovendo evitare Caffa appena conquistata dai Turchi, il nobile veneziano fece il giro per Astrachan, dove rischiò di essere ridotto in schiavitù dai Tartari. Raggiunta fortunosamente Mosca, Ambrogio Contarini soggiornò forzatamente alla corte dello zar Ivan III di Russia, che non lo lasciò partire finché non avesse onorato il debito contratto con alcuni mercanti russi che lo avevano aiutato a riscattarsi. Tornò a Venezia il 10 aprile 1477 e il giorno stesso riferì ai Pregadi e al doge l'esito della propria missione. Il cui fallimento non gli impedì di ricoprire moltissime cariche pubbliche: fu inviato a Cipro, con Andrea Erizzo, come consigliere della regina vedova Caterina Corner; nel 1482 fu podestà di Vicenza e nel 1484 fu patrono dell'Arsenale. Nel frattempo nel 1479, a 50 anni, sposò Margherita Crispo, vedova del patrizio Marco Querini e figlia di Francesco II, signore di Santorini. In seguito fu console ad Alessandria d'Egitto per poi tornare a Cipro, diventata nel frattempo veneziana, per organizzare le misure necessarie a combattere l'attività dei corsari turchi. Morì a settant'anni, nel 1499. Una vita dedicata all'avventura ma soprattutto alla Serenissima, della quale resta oggi traccia in una relazione di viaggio redatta cinquecento anni fa che parla di mondi che, posti allora al margine della Cristianità, andavano aprendosi all'Europa dopo secoli di isolamento. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento: 15:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci