Cristofolo Cristofoli, l'Inquisitore che diede battaglia alla massoneria

Lunedì 9 Settembre 2019 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
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Risoluto, incorruttibile, temuto, inesorabile. Non fosse altro che per il fatto di essere stato uno degli ultimi “Fanti dei Cai”, emissario degli Inquisitori di Stato sul volgere della fine della Serenissima, Cristofolo Cristofoli è più ricordato di altri nelle cronache. Ma non è solo per questo: nel suo essere uno sbirro perfetto, non ha lasciato traccia di sé e noi oggi dobbiamo immaginarne i tratti del volto, che allora era segnale di guai all'orizzonte al solo comparire. Leggendaria è rimasta la sua lotta, in nome dello Stato, alla massoneria (che allora contava tra le sue fila moltissimi veneziani, nobili e non nobili, inclusi Carlo Goldoni e Giacomo Casanova): finalità dei massoni era la costruzione del “tempio ideale”, l’uomo nuovo che doveva andare oltre i vecchiumi e l’ereditarietà delle classi nobiliari, seguendo le idee che l'epoca dei lumi da tempo propugnava; un pericolo da sradicare.

Così fece infatti con una loggia scoperta casualmente a Ca' Contarini sul rio Marin, rivelata a causa di alcune carte dimenticate dal nobiluomo Girolamo Zusto tra i cuscini di una gondola, anche se una diversa versione racconta della soffiata di un falegname che – nel montare un armadio – si accorse di una sala addobbata con drappi neri e altri arredi, nella quale parecchie persone discutevano alla luce di alcune lucerne.
Il risultato fu il medesimo: il Consiglio dei Dieci inviò Cristofolo Cristofoli che, con ventiquattro uomini, smantellò la loggia il 6 maggio 1785 sequestrando libri, mobili e suppellettili che furono bruciate pochi giorni più tardi nel cortile di Palazzo Ducale al grido di “Viva San Marco”. Un altro aneddoto aiuta a capire quanto fosse temuta l’autorità che rappresentava il Fante dei Cai: avvenne infatti che alcuni simpatizzanti giacobini intendessero dare vita a un gabinetto di lettura con libri e giornali francesi all’interno del caffè Ancillotto in Spadaria. Cristofoli si presentò al caffè, e semplicemente comunicò la volontà degli Inquisitori di avere al loro cospetto in tribunale, il giorno dopo l’apertura del nuovo locale, la prima persona che vi sarebbe entrata. Il gabinetto di lettura non fu mai aperto… Ma nessun aneddoto riguardante Cristofolo Cristofoli può eguagliare quello che lo vide protagonista a Ca' Grimani a Santa Maria Formosa. I Grimani, allettati da una offerta particolarmente generosa giunta dalla Francia, decisero di vendere l'enorme statua classica di Marco Agrippa, portata a Venezia attorno alla metà del Cinquecento (dall'originaria collocazione sul Pantheon a Roma) e ritenuta ormai d’ingombro per l’atrio del loro palazzo. La mattina della spedizione era tutto pronto: la barca era sulla riva, facchini e trasportatori si stavano accingendo al compito non semplice di caricarvi il colosso; a qualcuno tra i servitori di casa non sfuggì però una cosa: sulla panca d’androne, riservata normalmente ai questuanti (con attese destinate a durare anche ore) stava seduto Cristofolo Cristofoli, bardato con le vesti che il suo uffizio richiedeva. Nell’androne cadde il silenzio. Qualcuno corse ai piani superiori, ad avvisare i nobili signori che qualcosa non quadrava; che scendessero a vedere. Al padrone di casa che scese lo scalone e che si scusò col Cristofoli per non averlo accolto nella maniera dovuta, pur essendo la sua una visita inattesa, l’uomo non rispose. In compenso si alzò, si posizionò davanti alla statua, e col berretto in mano proferì queste parole: “El supremo Tribunal dei Inquisitori, avendo sentìo che ela, sior Marco, vol andar via de sta cità, el me manda per augurarghe un bon viazo a ela e a so zelenza Grimani”. Il Grimani raggelò; le parole di Cristofoli non lasciavano spazio a dubbi: la Serenissima non intendeva far passare in mani straniere le glorie artistiche presenti sul territorio della Signoria, e anzi minacciava neanche tanto velatamente di punirlo con l’esilio. Alla nobile famiglia di Santa Maria Formosa non rimase che far partire la barca, vuota, revocando sui due piedi il contratto e lasciando Marco Agrippa al suo posto. Oggi la statua è ammirabile al Museo Archeologico di Venezia, in Piazza San Marco.
Ultimo aggiornamento: 19:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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