Sior A​ntonio Rioba la statua parlante

Lunedì 18 Novembre 2019 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
3
Se ne sta da tempo immemore all'angolo di Campo dei Mori (che prende il nome da lui e dai suoi fratelli) che guarda il rio de la Sensa, col suo improbabile naso di ferro e un ingombrante fardello sulle spalle su cui è inciso il suo nome: Rioba, statua conosciuta a Venezia come Sior Antonio Rioba, che con quelle dei fratelli Sandi e Afani (sebbene una quarta – chiamata el Moro Mambrun – si celi dietro l’angolo) raffigurerebbe i primi mercanti della famiglia Mastelli che avrebbero costruito l'omonimo Palazzo Mastelli “del Cammello” dopo l'arrivo in città dalla Morea, nel 1113. Non vi sono documenti che attestino la collocazione della statua in quel luogo, e si ritiene che sia arrivata contestualmente alla costruzione del palazzo.

Tra tutte le statue del campo (e dell'intera città, fatto salvo il Gobbo di Rialto) è indubbiamente quella con un carattere molto ben delineato, e a parte qualche incidente di percorso – l'antica perdita del naso, e quella più recente dell'intera testa, poi fortunatamente ritrovata – Sior Antonio Rioba è in linea di massima molto rispettato. Per un lungo periodo fu dipinto a colori sgargianti e nel 1848 si trovò a prestare il nome a un giornale satirico antiaustriaco nel quale fra l'altro si trovò a dialogare con Emanuele “Momolo” Spinara, la statuetta lignea di un altro moro che ornava la grande colonna del traghetto di San Felice, la stessa che mostra il celebre graffito di una pantegana.

Sior Antonio Rioba infatti fu una delle rare “statue parlanti” veneziane (oltre ai già citati Gobbo e Momolo vi era anche una statuetta di Piazzetta San Marco, Morocco Popone) che sulla scia di quanto avveniva a Roma con la folta schiera di statue appartenenti alla “Accademia degli Arguti”, si vedevano affiggere bigliettini anonimi con poemetti satirici e sarcastici contro i potenti di turno. Per lungo tempo fu anche il personaggio più odiato dai facchini – perlopiù vatellinesi – che nei loro primi giorni di lavoro venivano scherzosamente inviati con carichi molto pesanti a fare consegne a “Sior Antonio Rioba de Campo dei Mori”, con grande divertimento dei presenti.

Ma quelle che all’apparenza sembrano statue di pietra, secondo la voce popolare altro non sono che quanto rimane degli stessi mercanti Mastelli, pietrificati a causa della loro boria e della loro disonestà. Pur godendo della fama di buoni affaristi, i fratelli erano sbruffoni e disonesti, e non avevano esitato a mandare in rovina un numero imprecisato di persone.

Una sera una donna suonò la campanella di casa, chiedendo di comprare stoffe per la sua merceria. Fiutando l’affare, il vecchio Rioba volle personalmente accompagnarla in magazzino, dove i fratelli stavano riordinando le merci. “Mio marito è morto – spiegò la donna – e io devo riaprire il negozio. Messere, questi denari sono quanto rimane a me e ai miei figli per cercare di risollevare le sorti della bottega, e dunque delle nostre vite. Mi faccia acquistare bene, e avrà guadagnato una cliente che sempre le dimostrerà riconoscenza”.

All’uomo non pareva vero di poter mettere le mani su di un intero negozio. “Guardi – le disse, mostrandogli dei rotoli di semplice cotone – è con grande sforzo che mi separo da queste stoffe di Fiandra. I suoi denari non basterebbero, ma voglio venirle incontro. E possa il Santissimo Iddio far diventare subito questa mia mano di vera pietra, se quanto vado affermando non è vero! Fratelli, giurateglielo anche voi”. “Accetto la sua proposta, messere – rispose la donna rovesciandogli in mano i ducati – e proprio Iddio chiamo a essere testimone della vostra onestà. Sia di voi quanto voi stessi avete deciso”. Subito le monete si trasformarono in pietra, e con esse la mano e il braccio dell’uomo. Anche gli altri Mastelli, inchiodati dall’orrore, iniziarono a vedersi mutare le membra in sasso. “Malvagi, disonesti, ipocriti. Diventerete quei sepolcri imbiancati che in vita avete dimostrato di essere”.

La donna era Santa Maddalena, che aveva fatto un ultimo tentativo per verificare che non vi fosse ancora per essi qualche possibilità di redenzione. Così i mercanti furono trasformati in statue. Le stesse statue che oggi si trovano murate sulle pareti esterne della casa dove abitavano, in campo dei Mori.
 
Ultimo aggiornamento: 13:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci