La rinascita passa dai locali: dopo il virus Mestre ha ripreso e rialzato la testa

Lunedì 15 Giugno 2020 di Claudio De Min
Piazza Ferretto a Mestre. La città si è rianimata dopo i mesi di lockdown
MESTRE - Come volevasi dimostrare. Se Venezia, al momento della ripartenza, è stata decisamente poco reattiva, a Mestre le cose vanno decisamente meglio. Non che da piazza Ferretto e dintorni giungano cori di giubilo ma almeno dalle parti della Torre domina il «credevo peggio», il «non ci possiamo lamentare», insomma un “moderato ottimismo”.

Dunque, se Venezia piagnucola Mestre un mezzo sorriso se lo può permettere. Che poi, in fondo, è tutto normale, perché il confronto è fra una città di poche decine di migliaia di abitanti consegnatasi, anno dopo anno, e con poche – pur lodevolissime, apprezzabili e apprezzate - eccezioni, alla monocultura turistica e un’altra che, per quanto da tempo declinante, piena di problemi, impoverita nel suo tessuto sociale, ha dalla sua una quota residenziale cospicua e un’età media decisamente più bassa. Pur con tutti i suoi problemi di identità una Mestre il cui dinamismo cova comunque sotto la cenere e basterebbe sollecitarlo un po’ per rianimarla. La scossa, incredibile, ma vero, è stata proprio la pandemia, la chiusura prolungata che ha costretto tutti a mesi di reclusione. Così, appena spalancate le porte della prigione-Covid, i mestrini sono tornati di colpo in strada. A far festa, va detto, sono soprattutto i bar, seguiti dalle pizzerie, meno entusiasmante il bilancio dei ristoranti, mentre il resto del commercio continua a faticare. Ma il confronto con Venezia per quanto riguarda i luoghi di socializzazione, il cosiddetto “food&beverage”, vede stravincere la Terraferma.
SODDISFATTI «Tanto sono stato pessimista durante il lockdown quanto sono soddisfatto adesso. Il nostro plateatico è sempre affollatissimo, la gente si mette in fila per aspettare che si liberi un tavolo sotto gli alberi» ammette Claudio Zanette, titolare di “Chocolat”, la premiatissima gelateria (Tre Coni per la guida del Gambero Rosso, il massimo) con vista sul centro le Barche: «Soffriamo un po’ - prosegue Zanette – invece in Corso del Popolo, dove la nostra seconda insegna, da poco riaperta dopo la ristrutturazione, è penalizzata dalla chiusura delle scuole e dall’assenza di turisti».
Già, perché – strano ma vero – ormai da qualche anno anche Mestre guarda con interesse e profitto alla voce “turismo”. Lo sottolinea anche Andrea Carcanella – e qui mettiamo piede nel terreno della ristorazione -, titolare del Bistrot 55, che giovedì prossimo riaprirà anche il suo “9 Bistrot”, all’interno dell’M9: «Negli ultimi giorni i numeri del 55, a cena, sono decisamente in crescita anche se mancano i turisti che abitualmente incidono per il venti per cento. A pranzo, invece, va meno bene per via dei numerosi uffici che non hanno ancora riaperto e altri che continuano in smart working». E mancano i turisti anche al conto di Gerardo Savastano (pizzeria Napul’è, va Pescheria Vecchia): «La ripartenza è tata discreta, ma andiamo a giorni alterni. Purtroppo la chiusura delle strutture ricettive per il momento ci penalizza non poco, visto che i turisti d’estate ci garantiscono almeno un trenta per cento di incassi». Certo, a fare “boom” sono stati soprattutto i bar. Francesca Bido, dell’omonima pasticceria di Piazza Ferretto, è soddisfatta: «La risposta della clientela è stata incoraggiante, non ce lo aspettavamo. I nostri tavolini esterni sono spesso pieni. Farei la firma per andare avanti così. Penso che, oltre che alla voglia di stare fuori, questo fenomeno sia da riferirsi anche ad un certo scetticismo verso i centri commerciali, un momento che noi commercianti dobbiamo sfruttare e incentivare, sperando che il Comune prolunghi la concessione di più spazi esterni a tutta l’estate e non solo a fine luglio come sembra».
Poco distante anche “Monetine” da Lucio ed Elena, in via Manin, è gettonatissimo, si accende per l’aperitivo verso le 18 e – fra birre e cicchetti creativi - resta affollato e vivace fino a tarda sera. Nella stessa fascia oraria è difficile trovare un tavolo esterno da “Voy”, l’enoteca di Calle Legrenzi, ma anche da “Gino” e da “Helmut” il movimento non manca.
PIÙ BERE CHE MANGIARE «Ci siamo rimessi in piedi soprattutto con l’aperitivo – dice Paolo Fontana di AcquAlta in piazza Barche –. Meno brillante il reparto caffetteria e a pranzo paghiamo la riduzione degli impiegati nelle attività vicine. Del resto la formula-aperitivo consente di fare la serata con 10-12 euro e va detto che, al di là delle preoccupazioni sul distanziamento sociale, a frenare le uscite contribuiscono le incertezze economiche».
Più bere che mangiare è anche la fotografia di Giovanni Dal Poz, titolare del Grand Central, in Piazzale Olivotti: «Pensavo peggio – dice – la ripartenza è stata incoraggiante, per ora la ristorazione fatica a decollare ma c’è molta voglia di stare assieme e all’aperto, senza troppo impegno anche dal punto di vista economico, e il nostro target da questo punto di vista si presta perfettamente anche grazie a spazi generosi».
Conferma, da Carpenedo, Carlo Tosi, del “Leone di San Marco”, lo storico ristorante di pesce dei mestrini: «È stato bello vedere i nostri clienti affezionati tornare subito, ma in generale la ripartenza non è entusiasmante, c’è diffidenza, sono spariti i gruppi numerosi, le prenotazioni sono per tavoli da 2, massimo 4 persone, per ora siamo lontani dalla normalità».
Ultimo aggiornamento: 09:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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