MESTRE - Lottare contro il degrado è come vuotare l'acqua del mare con le mani, ma ieri almeno i mestrini le mani le hanno unite, migliaia tutte assieme. Non avranno svuotato il mare ma un segnale l'hanno dato, anche. Partiti in duemila dal piazzale Atvo accanto alla stazione sono arrivati in cinquemila in piazza Ferretto dove si è conclusa la manifestazione "Riprendiamoci la città" contro il degrado, lo spaccio, l'insicurezza: migliaia in strada con le torce accese e semplici cartelli in mano, ognuno con il nome della via di residenza, della via dove si è consumato qualche crimine, dove i tossicodipendenti si drogano davanti ai negozi, dietro le auto, dentro agli androni dei palazzi, nei giardini, dove gli spacciatori controllano il territorio, dove pusher e tossici si mescolano ai senzatetto che, se non si drogano, bevono veleno da pochi soldi comprato nei piccoli supermarket o nei negozi etnici.
LO STRISCIONE
In testa a tutti uno striscione colorato "Riprendiamoci la città" e, davanti, la banda musicale Antonio Vivaldi composta rigorosamente da mestrini dato che l'unico veneziano non è più del gruppo. Basta, i partecipanti non avevano altro con loro, nessun cartello con scritte partitiche, neanche i Sindacati, che pure hanno aderito e partecipato, hanno esposto i propri simboli. Quello che recavano con loro era la rabbia e il senso di impotenza ma anche una gran voglia di stare assieme e di dimostrare, e di dire, appunto, "Riprendiamoci la città". Non l'hanno urlato ma il silenzio di questa manifestazione era come un urlo, come quando si sono fermati in via Dante per ricordare il 25enne Keoule Dembele, ucciso sulla pista ciclabile da un albero abbattuto da un'auto condotta da Alberto Crozzolin, 37enne di Roncade (nel Trevigiano) risultato positivo alla cocaina. L'urlo, semmai, veniva dalla banda musicale che, lungo il percorso del corteo tra via Dante, via Cavallotti, via Piave, via Carducci, via Rosa e piazza Ferretto, ha scandito in musica le tappe della via Crucis civile seguita da centinaia di persone chiuse in casa, perché dopo il tramonto non si fidano ad uscire, ma affacciate alle finestre in segno di partecipazione. È stata una manifestazione che ha marcato il territorio anche se solo per le due ore che è durata, per dire «la città è nostra, di noi cittadini, residenti, commercianti, italiani e stranieri». In mezzo al corteo c'erano, infatti, cinesi, albanesi, bengalesi con uno di loro che trasmetteva in diretta, smarthpone e microfono alla mano, per una Tv in internet del Bangladesh. Politici ce n'erano, sì, tutti dell'opposizione (Martella, Rosteghin, Ferrazzi, Pellicani, Mognato, Borghi, Gasparinetti, Bettin, Trabucco) ma non facevano comizi. C'erano anche gli attivisti del Coordinamento No Inceneritore che hanno tentato di raccogliere firme per la causa ma sono stati fermamente dissuasi dal servizio d'ordine.
NO A INTERFERENZE
Perché la manifestazione è nata dal basso e con un unico obiettivo, e ha voluto rimanere tale come spiegava Livio Marini, ex operaio del Cracking al petrolchimico, ex sindacalista ed ex consigliere comunale, «ma qui sono, come tutti, solo un residente che chiede attenzione». Lui è stato uno degli ideatori ed organizzatori dell'evento, «ma in realtà è nato da solo perché ha trovato il terreno maturo in città per dire basta al degrado. Un'idea noi ce l'abbiamo: sicurezza, servizi sociali, rigenerazione urbana specie nelle aree più degradate. Purtroppo il solo intervento "manu militari" in questi anni non ha dato esiti positivi, anzi è stato un fallimento. E la nostra idea siamo pronti a discuterla, a confrontarla con l'Amministrazione Brugnaro che oggi, qui, non si è vista ma ci auguriamo che una risposta ce la darà. Altrimenti siamo pronti a marciare ancora e ancora».
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