Il sindaco Brugnaro cerca talenti per il partito dell'Italia

Venerdì 28 Settembre 2018 di Davide Scalzotto
VENEZIA Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro
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VENEZIA - È bastato un tweet, pochi caratteri a corredo di un video di Sergio Marchionne, per far scattare il “Luigi Brugnaro 2”, quello che da Venezia guarda all’Italia. Non senza preoccupazione, a dire il vero. Il tweet? Eccolo: «Cerchiamo talenti, cerchiamo persone di buona volontà che abbiano coraggio di mettersi in gioco nella vita pubblica. Cerchiamo Persone oneste e capaci, diamoci da fare tutti insieme e scendiamo in campo. Cominciate a pensarci».
Sindaco, sta cercando di reclutare nuovi iscritti per garantire un futuro al suo movimento fucsia a Venezia o il suo è un appello per una nuova classe dirigente?
«La seconda, la seconda. Credo sia il momento di assumersi responsabilità. Io per anni mi sono girato dall’altra parte, poi ho deciso di fare qualcosa per Venezia. Ecco, penso che ora sia giunto il momento che chi ha capacità, talento, voglia di impegnarsi, si dia da fare».
Perché dice questo, perché ha sentito il bisogno di scrivere quel tweet?
«Perché l’Italia ha bisogno di una classe dirigente capace, non possiamo permetterci dilettanti, per quanto motivati o legittimati dal voto (che poi va visto con quale percentuale). La gente mi ferma, mi chiede delle pensioni, delle tasse, del lavoro, dei cantieri, della sanità... C’è disorientamento. Io cerco sempre di rispondere con spirito positivo, ma si percepisce un sentimento di incertezza. Per guidare un paese ci vuole competenza. Mi spiego: tutti diciamo che bisogna salvare una vita umana, ma non è che tutti siamo in grado di farlo, ci vogliono bravi medici, competenti. Ecco, per me la politica è questo».
Pensa a qualcuno in particolare? È noto che lei con i 5Stelle non quaglia molto...
«Ma no, ho amici che hanno votato 5Stelle, li capisco, so che hanno colto un sentimento di sfiducia. Dico però che non si può arrivare al governo e buttare via tutto, dire che non va bene niente senza fare approfondimenti senza dialogare. Non si può far fare alla nave una virata di 90 gradi. Una nave ha bisogno di un raggio di curvatura progressivo. Ho sempre diffidato e diffido dei “guardiani del popolo”, di quelli che parlano forti del supporto di una parte e che si sentono investiti del potere di onnipotenza. Ho sentito una frase l’altro ieri: “Noi siamo qui per fare gli interessi dei nostri elettori”. Ma scherziamo? Io sono stato eletto da una parte e faccio gli interessi della città, di tutti i veneziani. Come si può dire una cosa del genere?».
Arrabbiato?
«Preoccupato, molto. Guardi, se le imprese chiudono e si perdono posti di lavoro perché si è deciso di buttare a mare anche quanto di buono era stato fatto prima, non è che poi si cambia governo e in quattro e quattr’otto le aziende riaprono. Non funziona così. L’Italia non può permettersi più di sbagliare. Errori ne sono stati fatti in passato, certo. Ma questo non vuol dire gettare via tutto, fare piazza pulita ed esporre il Paese a rischi».
E quindi?
«Quindi dobbiamo far venire fuori tutte quelle risorse che possono dare una speranza al nostro Paese: amministratori, politici, imprenditori, lavoratori, insegnanti, ricercatori, medici... Gente anche giovane, che magari per timidezza, paura o perché è stata minacciata, è rimasta ai margini. Bisogna darsi una mossa».
E lei in tutto questo, in che ruolo si vede? Velleità nazionali?
«Io sono e resto sindaco di Venezia, faccio questo. E credo che una città come Venezia sia una platea importante da cui lanciare questo messaggio. Qui il debito lo abbiamo cancellato e senza fare deficit. Si può fare».
Anni fa ci fu il movimento del Nordest, quello dei sindaci...
«Sinceramente non mi pongo il problema del ruolo, intanto dico queste cose perché le sento e so che le sente la gente. Stiamo vivendo un momento decisivo, non possiamo stare alla finestra. Quando sento parlare di “finanziare il debito” mi viene la pelle d’oca. Non credo nella “decrescita felice”. Qui dobbiamo aprire le industrie, dare lavoro, non ipotecare il futuro dei nostri figli». 
Davide Scalzotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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