Renato Brunetta: «Bond mondiali e campus, Venezia ritornerà capitale»

Mercoledì 31 Maggio 2023 di Davide Scalzotto
Renato Brunetta: «Bond mondiali e campus, Venezia ritornerà capitale»

VENEZIA - Quarantuno soci tra istituzioni e grandi aziende, un nome lungo e ambizioso: Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità (altrimenti detta, in inglese, Venice Sustainability Foundation).

Uno scopo altrettanto ambizioso: portare a Venezia investitori e progetti di riqualificazione. Dentro quel nome c'è il concetto di "capitale" che un tempo per Venezia era peso specifico e potere, mentre oggi è desiderio di riscossa con un pizzico di nostalgia. E c'è il concetto di "sostenibilità", parola che oggi va via come il pane, marchio usato (e spesso abusato) per confezionare bene qualsiasi idea o progetto.


Professor Renato Brunetta, lei è presidente di questa fondazione che domani, con il primo incontro sul Mose, apre la prima "Biennale della sostenibilità", evento voluto da lei e dai soci per affiancare le tradizionali Biennali delle varie arti. Innanzitutto, cos'è questa Biennale?
«Come dice il termine, un appuntamento di respiro mondiale che ogni due anni punti a rendere Venezia un riferimento internazionale di condivisione delle migliori pratiche di sostenibilità urbana, a partire da quelle da e per Venezia. La prima "Biennale della sostenibilità" è dedicata al sistema integrato di difesa dalle mareggiate, al Mose appunto».


Perché il Mose?
«Non poteva essere altrimenti. Il Mose ha salvato Venezia, l'ha resa sicura per i prossimi decenni. Oggi è la città costiera del Mediterraneo più protetta contro l'innalzamento del medio mare prevedibile a fine secolo e quindi in grado di attirare investimenti a lungo termine. Il futuro è qui, in questa città dal grande passato. "La più antica città del futuro" è una definizione bellissima».


Però di convegni e studi sul Mose e sul rilancio di Venezia ne sono stati fatti fin troppi. A cosa serve la Fondazione?
«La "Biennale della sostenibilità" è una delle attività della Fondazione. Il progetto è ben più ampio».


Lo spieghi.
«La Fondazione intanto è no-profit. Non ha utili e io stesso non percepisco compensi. Abbiamo una quarantina di soci, istituzioni, università, gruppi industriali, grandi aziende. È un luogo, lo chiamo io, di "inseminazione incrociata". Mettere insieme così tante realtà è una ricchezza e tra l'altro ci sono continue richieste di adesioni. Ciascuno, nel proprio ambito, potrà portare avanti progetti, piani di riqualificazione, insediamenti».


Qualche esempio?
«Penso al più importante: la Città Campus. Vogliamo portare a Venezia le maggiori università mondiali, migliaia di studenti, professori, ricercatori. Farli vivere qui. Col turismo di massa non si può competere per decreto, ma con la concorrenza di una residenzialità nuova. Per un proprietario di casa sarà meglio affittare a decine di gruppi di turisti diversi per 2-3 giorni o a un professore, un ricercatore, un professionista con alta capacità di spesa per un tempo lungo? Guardi, bastano 3-4 progetti del genere per accendere il nuovo Rinascimento veneziano».


Ma in concreto come opererà la Fondazione?
«Con Ca' Foscari, che vaglierà ogni progetto, abbiamo la possibilità di emettere "bond sostenibili", forme di risparmio a redditività garantita. Prendiamo un altro progetto concreto: l'ex ospedale al Mare del Lido, che diventerà un polo sanitario ad alta tecnologia. Pensiamo a un tour in Paesi, come gli Usa, dove il welfare sociale sarà uno dei settori di investimento dei prossimi anni. Promuovere questi bond sarà una delle forme più redditizie per raccogliere finanziamenti».


Di fronte a questa spinta che nelle intenzioni arriva dal mercato, ha ancora senso una nuova legge speciale per Venezia?
«Io stesso avevo proposto una legge speciale e dico che non è certo superflua una normativa quadro che riconosca la specificità di Venezia. E fa bene il sindaco Brugnaro a chiedere il finanziamento di 150 milioni l'anno per la città. Ma la Fondazione opera su un altro piano, si apre al mercato, mette insieme istituzioni e privati».


Una evoluzione dei Comitato privati di salvaguardia che nacquero dopo l'acqua alta del 1966?
«Esatto. Ma i Comitati, meritevoli per la loro opera, operavano e operano con donazioni, puntano sulla liberalità, sul mecenatismo. La Fondazione promuove investimenti remunerativi e con questo attira capitali. Capisce che cambia la prospettiva».


Senta, ma cosa la convince che funzionerà?
«Innanzitutto la grande velocità con cui la Fondazione è cresciuta. E poi il Mose, il fatto che abbiamo un orizzonte temporale di almeno un secolo in cui la città non dovrà più fare i conti con gli allagamenti. E poi la squadra, un presidente veneziano - il sottoscritto - che torna a occuparsi di quello di cui si è sempre occupato. E un direttore, pure veneziano, come Alessandro Costa (figlio dell'ex sindaco e ministro Paolo Costa, ndr)».

Ultimo aggiornamento: 21:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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