Doping e squalifica dopo la Regata storica, Busetto: «Uno spinello? Mai fumato niente, esami irregolari»

Giovedì 28 Ottobre 2021 di Davide Scalzotto
Renato Busetto
1

VENEZIA - «Mai fumato nemmeno una sigaretta, figurarsi uno spinello. Prima di una competizione sportiva tra l'altro, quando si sa che gli effetti della cannabis sono tutt'altro che stimolanti».
Renato Busetto è il gondoliere regatante della Storica dello scorso 5 settembre, trovato positivo ai cannabinoidi al controllo antidoping effettuato al termine della gara dei gondolini, nella quale si era piazzato secondo in coppia con il fratello Roberto. La commissione regate del Comune lo ha sanzionato con 13 mesi di squalifica, togliendogli la bandiera bianca che si assegna per tradizione alla piazza d'onore.

Busetto, la decisione della commissione è pesante: primo caso di squalifica per doping alla Regata Storica.
«Tredici mesi sono una sproporzione.

A una velocista americana (Sha'Carri Richardson, ndr) hanno dato una squalifica di un mese per aver ammesso di aver fumato uno spinello. A me 13 mesi con una sentenza per nulla chiara e fuori bersaglio. Ma la questione è un'altra: ci sono tante, troppe incongruenza alle quali non ho avuto risposta».


Lei si è affidato a un avvocato, Gianmaria Daminato. Cosa contestate?
«La regolarità del test antidoping e i risultati».


Spieghi.
«Il regolamento comunale che noi atleti firmiamo prevede l'adesione e il rispetto dei protocolli Nado e Wada per i controlli. Nado è l'organizzazione nazionale antidoping, Wada l'agenzia mondiale. Ci sono regole e modalità precise che nel mio caso non sono state messe in atto. Quel test è stato fatto in maniera superficiale, la provetta di urina può essere stata contaminata in qualsiasi momento».


Come è stato fatto il test?
«Ci hanno riuniti in una stanza dell'università di Ca' Foscari, vicino alla zona d'arrivo. Eravamo almeno in 4 in quella stanza, c'erano anche altri atleti, quando il protocollo prevede la presenza solo dell'atleta ed eventualmente di una persona di fiducia. Ho fatto un prelievo del sangue e mi è stato dato il contenitore per l'urina, che poi è stato maneggiato dalla signora addetta al test per mettere il contenuto in una provetta. Non è stato fatto alcun verbale, nessuna carta, nulla di quanto previsto da Nado e Wada è stato rispettato. Invito tutti ad andare a leggere le procedure scritte nel regolamento del Comune. Il campione di urina può essersi contaminato in mille modi, maneggiandolo: figuriamoci, in un'aula universitaria dove c'era vario materiale. Anche se l'addetta aveva i guanti, può aver toccato qualsiasi cosa. Inoltre non c'è stato il coinvolgimento di strutture e personale delle due organizzazioni antidoping riconosciute, tutto è stato fatto in casa. Quando l'ho fatto presente alla commissione, mi è stato risposto che non avevano soldi e che si sono dovuti arrangiare come meglio potevano. Ma si fa così? E poi c'è un altro fatto...».


Cioè?
«Le analisi del campione ematico sono risultate negative. Solo quelle delle urine sono risultate positive. Come mai? È bastato questo per sanzionarmi?».


Ma non avete fatto le controanalisi?
«No, perché si sarebbero dovute fare sullo stesso campione di urina. E se risultava contaminato il primo, evidentemente sarebbe risultato contaminato anche quello. Ma sono andato oltre: ho chiesto un nuovo prelievo, su nuovi campioni. Mi è stato rifiutato».


Ma quando ha saputo della positività?
«Il 21 settembre, 16 giorni dopo la gara. Ma la commissione l'ha saputo molto prima e lì c'è anche stata la fuga di notizie sul mio conto, prima che a me fosse notificato il provvedimento. È evidente che qualcuno della commissione ha diffuso la notizia».


Adesso farà ricorso?
«Non posso, non si può. La decisione della commissione è inappellabile. Tra l'altro con una procedura che dal punto di vista delle garanzie è pazzesca: chi formula l'accusa è lo stesso organo che emette la sentenza. È giusto? Andrò per via giudiziaria, ma ci vorrà tempo. Intanto mi resta la squalifica e soprattutto l'immagine di un atleta sporco. Figuriamoci, io e la mia famiglia voghiamo da una vita. Scrivetelo: siamo contrari con forza a qualsiasi tipo di droga e sostanza».


Lei è gondoliere, teme anche per la licenza e il suo lavoro?
«Non so, vediamo. Certo a me preme stabilire la verità e fare luce sul modo in cui vengono fatti i test anti-doping alla Storica».


Senta, ma lei è un veterano della Storica. Prima non si era mai accorto di queste modalità?
«Ma ho sempre pensato che fosse tutto regolare, è stata questa vicenda assurda a spingermi a chiedere chiarezza e trasparenza. Vorrei che la commissione o il Comune spiegassero come mai non vengono rispettati i protocolli nazionali e internazionali scritti nel regolamento. E come si può rovinare la carriera, la reputazione, il lavoro di una persona per superficialità».

Ultimo aggiornamento: 19:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci