L'ex patriarca Scola e la visita di Ratzinger a Venezia: «Era venuto a stanarci»

Lunedì 2 Gennaio 2023 di Alda Vanzan
L'ex patriarca Scola e la visita di Ratzinger a Venezia: «Era venuto a stanarci»

VENEZIA - «Il Papa viene a stanarci». Era il 7 maggio 2011 quando Angelo Scola, allora patriarca di Venezia, salutava l'arrivo in laguna e nella terraferma mestrina di Benedetto XVI. Una visita durata un giorno e mezzo, con la partecipatissima messa nel parco di San Giuliano, quasi 300mila persone, e poi l'Assemblea per la chiusura della visita pastorale diocesana nella basilica di San Marco, l'incontro con il mondo dell'economia e della cultura alla Salute, ma anche il tragitto in gondola, l'abbraccio con un'operaia di Porto Marghera in lotta per il lavoro, il bacio a un neonato. «Il Nordest vuol bene al Papa, vuol bene a questo Papa», aveva detto Scola al termine di quella visita.
Undici anni e mezzo dopo, è lo stesso Scola, arcivescovo emerito di Milano, a ricordare con affetto Joseph Ratzinger scomparso all'età di 95 anni la mattina del 31 dicembre scorso: «Mi è stato amico ma ancor più padre non facendomi mai mancare il suo aiuto anche in certi momenti non facili della mia vita».


TESTIMONE NELLA BIBBIA
«Il ritorno al Padre di Joseph Ratzinger-Papa Benedetto XVI - ha scritto Scola - è un fatto che chiede a tutti noi, soprattutto ai cattolici, una particolare riflessione.

Non solo da Papa, ma lungo tutta la sua vita, consegnata alla recente biografia di Peter Seewald di ben 1296 pagine, è una testimonianza radicata nella Bibbia, nella tradizione, nel Magistero, nel senso acuto della storia e nel coraggio di affrontare i temi più scottanti che caratterizzano la nostra società». Poi il ricordo personale: «Ho conosciuto Ratzinger nel 1971 quando, noi italiani con Jaca Book, con De Lubac, von Balthasar e altri teologi di varie parti nel mondo incominciammo a lavorare al progetto della Rivista internazionale Communio. Mi colpì fin da subito la sua umiltà e la delicatezza del suo tratto. Il gusto di conoscere persone con l'evidente intento di entrare in amicizia con loro mi impressionò fin da quel primo incontro alla Katholische Akademie di Monaco di Baviera. «Collaborando direttamente con lui quale consultore della Congregazione della fede mi sono sempre stupito dalla originalità del suo pensiero. Più di una volta è capitato che su taluni documenti divenuti poi universali per la vita della Chiesa, in qualità di consultori e di esperti non si riusciva a procedere. Poi però, qualche giorno dopo, il cardinale Ratzinger arrivava e con umiltà diceva: Io ho provato a fare questa stesura. Vedete se vi va bene. E tutte le volte era quella risolutiva, magari con qualche leggera integrazione suggerita dal tale o tal'altro teologo». E ancora: «Lavorando con Ratzinger in gruppo si imparava sempre qualcosa di nuovo. Le sue riflessioni muovevano dalla decisiva affermazione: Il mio intento di fondo è sempre stato quello di liberare dalle incrostazioni il vero nocciolo della fede, restituendogli energia e dinamismo. Questo impulso è la vera costante della mia vita. Sono sicuro che l'apporto dato da Ratzinger-Benedetto XVI alla Chiesa contemporanea, nella sua continuità con san Giovanni Paolo II e nell'apertura di orizzonte entro cui si muove Papa Francesco, è stato non solo decisivo ma richiede ulteriore approfondimento in questo tempo di travaglio per la Chiesa tutta». Disponibile, sempre: «Tutte le volte che si chiedeva a lui qualche prestazione nonostante fosse oberato di lavoro faceva di tutto per accogliere questa proposta».


L'AD-DIO
Undici anni fa, in occasione della visita di Benedetto XVI a Venezia, Scola aveva detto: «Vorrei azzardare un'espressione forte, il Papa viene a stanarci. A riaccendere in noi alcune domande di fondo: che significato e direzione ha la mia vita? A che punto sono nel mio rapporto con Dio? Questa visita ci strapperà alle nostre vicende ordinarie e ci costringerà ad alzare lo sguardo». In quella visita Benedetto XVI aveva lanciato a tutto il Nordest l'invito a «non avere paura degli altri», parlando di immigrazione, lavoro, fede e anche del fascino di Venezia. Alla città il Pontefice aveva lasciato messaggi forti: aveva chiesto alla Serenissima di essere modello di «pace» e «convivenza», di avere rapporti fondati su «amicizia e rispetto», di continuare a essere terra che accoglie e che non ha paura di chi viene da lontano. Una città d'acqua, unica, ma non per esprimere una cultura «liquida» con scelte effimere.
«Sono convinto - ha detto ora l'Arcivescovo emerito di Milano, già patriarca di Venezia - che le persone care che ci precedono all'altra riva restano fin da ora in contatto con noi. In modo silenzioso, certo, ma non per questo meno efficace. Sono certo che papa Benedetto continuerà a svolgere questa funzione a favore della Chiesa e della società tutta. In attesa di rivederci diamo a lui oggi il nostro ad-Dio».
 

Ultimo aggiornamento: 3 Gennaio, 09:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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