Pusher minaccia sui social i ragazzini testimoni dello spaccio

Sabato 16 Gennaio 2021
Gianluigi Piras
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MUSILE DI PIAVE - «Ve la farò pagare». Le minacce ai ragazzini che lo avevano indicato come il loro pusher arrivano attraverso i social e per questo un ventunenne di Musile di Piave è tornato in carcere. Nuovi guai per Gianluigi Piras, il giovane musilense arrestato per spaccio dai carabinieri di Caorle per ben due volte, anche quando era già stato ristretto ai domiciliari.

Questa volta gli investigatori dell'Arma hanno arrestato Piras per le minacce postate sui social e rivolte ad alcuni teenager, tutti minorenni, a cui il giovane aveva venduto in passato dello stupefacente. Grazie anche alle famiglie di quei ragazzi, i carabinieri diretti dal maresciallo Francesco Lambiase erano arrivati a inchiodarlo per lo spaccio.


VOGLIA DI RIVALSA
Un affronto che evidentemente il pusher, già condannato e costretto ai domiciliari, non ha gradito, tanto da spingerlo a postare sul suo profilo Instagram le possibili ritorsioni a cui i ragazzi sarebbero finiti. «Ve la farò pagare», «Avete testimoniato contro di me, dovete capire che gente di m...a siete», «Quando finirò, farò pagare le lacrime di mia madre con il vostro sangue, ve lo giuro, pensatelo come una minaccia o avvertimento decidete voi», e poi una serie di insulti per quei giovani, colpevoli secondo Piras di aver indicato ai genitori chi vendeva loro droga.


TRA RAP E REALTÀ
È invece grazie a quelle famiglie, che sono riuscite a instaurare un nuovo dialogo con i figli, che i carabinieri hanno trovato ulteriori elementi che hanno inchiodato colui che si ritrae su Instagram come se fosse un boss delle gang americane, con sottofondo di musica rap. Lui invece, che vive tra le campagne del Veneto orientale, alla fine è rimasto solo. Nessuna gang, tanto meno la possibilità di andare oltre, perché non poteva più muoversi da casa. Per Piras infatti è già arrivata la condanna a 4 anni e 10 mesi per spaccio di stupefacenti, che stava scontando ai domiciliari, dove a quanto pare si sentiva libero di fare ciò che voleva. Non aveva fatto i conti però con i carabinieri, che lo stavano monitorando dopo le segnalazioni arrivate dai genitori dei ragazzini minacciati.
Piras, acquisiti gli incartamenti del processo, era venuto a conoscenza delle attività d'indagine svolte e delle persone ascoltate come testimoni. Così si era impossessato di uno smartphone, che non avrebbe potuto utilizzare essendo agli arresti, inziando a pubblicare su Instagram le minacce. I genitori dei giovani si erano quindi rivolti di nuovo ai Carabinieri di Caorle, chiedendo tutela. Le indagini hanno permesso agli investigatori di trovare molti video incriminati prima che fossero cancellati, visto che erano stati notati da molti altri utenti. Tra questi anche alcuni in cui Piras inneggiava all'uso degli stupefacenti, fumando dal narghilè. Da qui la segnalazione all'autorità  che ha disposto l'aggravamento della misura con la detenzione in carcere, disposta dal gip del Tribunale veneziano. Dal tardo pomeriggio di ieri, Gianluigi Piras è stato associato alla casa circondariale di Venezia.


NUOVE ACCUSE
Ora dovrà rispondere delle minacce e per aver inneggiato all'uso degli stupefacenti, nonché del possesso dello smartphone. Nonostante la giovane età, il ventunenne era già finito in carcere a Pordenone nel 2019. Dopo il primo arresto nel luglio di quell'anno, quando i carabinieri lo trovarono con delle dosi di cocaina, pochi mesi dopo, a novembre, era stato di nuovo fermato dagli stessi militari: si era messo a spacciare anche se era agli arresti domiciliari, cedendo dosi anche ai minorenni.


TRAFFICO CONTINUO
Le indagini dell'Arma, coordinate dal pm di Pordenone Federico Baldo, avevano permesso di ricostruire le cessioni avvenute tra giugno 2018 e ottobre 2019. Complessivamente circa 2400 vendite di stupefacente, per un quantitativo stimato in circa 1,6 chili di marijuana, 400 grammi di hashish e 100 di cocaina. Un traffico che avrebbe permesso al giovane di intascare circa 27mila euro, con 70 clienti di cui 50 abituali, una decina i minorenni. Spesso con imbarazzo, molti clienti avevano ammesso di aver acquistato droga da Piras. Ad aggravare ulteriormente la posizione del ragazzo il fatto che, come hanno ricostruito i Carabinieri di Caorle, aveva spacciato anche mentre si trovava agli arresti domiciliari. Anche in quella circostanza le manette erano sono scattate a seguito di un aggravamento della misura cautelare dell'obbligo di firma a cui era stato sottoposto dopo il primo arresto avvenuto a Caorle.
Marco Corazza
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Ultimo aggiornamento: 15:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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