Docente universitario albanese finito in carcere per droga, ma non c’entrava nulla: assolto

Giovedì 5 Maggio 2022 di Nicola Munaro
Dritan Shoraj, accusato e condannato ingiustamente

VENEZIA - In un amen, una mattina di novembre 2018, Dritan Shoraj si era trasformato da apprezzato professore dell’università albanese di Tirana a narcotrafficante del cartello albanese responsabile della vendita di un chilo di cocaina lungo tra Milano e il Veneziano. Quasi quattro anni - e 40 giorni di carcere dopo - quell’accusa per cui era stato arrestato su ordine di carcerazione europea è caduta di fronte alla Corte d’appello di Trento che lo ha assolto “per non aver commesso il fatto”. Cioè per non essere mai stato quello che lo si accusava di essere stato. Cosa sia successo lo si saprà tra settanta giorni, quando i giudici trentini depositeranno le motivazioni della sentenza pronunciata ieri. «Mi hanno distrutto. Stavo entrando nella mia aula di università e mi sono trovato in carcere» ha ricordato ieri.

LA STORIA
Un chilo di cocaina comprato e spacciato nel Sandonatese il 2 maggio 2000: questa l’accusa che aveva portato il professore a una condanna (definitiva) a 4 anni e 20 giorni di reclusione. Secondo l’architettura disegnata dall’operazione “Pineta” dei carabinieri - che nel 2000 riuscì a decapitare i vertici di una ramificata organizzazione italo-albanese conclusa con oltre 128 condanne - tra il 1998 e il 2000 il professor Shoraj era parte di un giro capace di reperire lo stupefacente in Albania e di organizzare il trasporto via mare in Italia. A inizio anni Duemila Shoraj era rientrato in Patria dove si era costruita una carriera sopra ogni sospetto. Erano così arrivate una dopo l’altra la laurea, un dottorato, un master in “Business administration e, ultimo prestigioso scalino, la cattedra in Economia all’Università di Tirana. 

LA POLITICA
Di colpo Dritan Shoraj diventa un ospite fisso delle trasmissioni televisive come esperto e consulente, intraprende una carriera politica nel Partito democratico.

Il 22 febbraio 2016, proprio durante una manifestazione del Pd a Tirana, era diventato famoso in tutto il Paese per un filmato di una lite con un cittadino che si concludeva con il professore ripreso mentre prendeva l’uomo a calci. In Albania, inoltre, il suo dualismo con il ministro dell’Interno Saimir Tahiri aveva riempito le pagine dei quotidiani locali per mesi.

Tutto questo mentre in Italia tre tribunali (primo e secondo grado a Venezia e Cassazione a Roma) sigillavano la sua patente di narcotrafficante. Un’accusa della quale il professore si è sempre dichiarato all’oscuro e che lo aveva travolto una mattina del novembre 2018 nel cortile della facoltà di Economia dell’ateneo di Tirana, a pochi minuti dalla lezione. 

«INCASTRATO»
In carcere il professore contatta l’avvocato padovano Pietro Someda che ottiene la revisione del processo presentando documenti con i quali attesta che negli stessi giorni in cui l’accusa gli contestava lo spaccio, il professore era su un letto d’ospedale per un incidente. Davanti all’appello di Trento sfilano un poliziotto della stradale di Tirana, un’infermiera dell’ospedale della capitale albanese e una professoressa con incarichi diplomatici in Albania. Tutti per confermare la versione della difesa.

«Hanno fatto il mio nome per salvare un’altra persona che poi è stata arrestata lo stesso - ha commentato il docente - Così mi sono fatto 40 giorni di carcere senza aver fatto nulla. Oggi (ieri, ndr) sono rinato e voglio godermi la libertà». Il primo passo sarà quello di riprendersi la cattedra che gli era stata tolta con la condanna e l’arresto. «Sono ancora sotto choc - ha continuato - mi è passata tutta vita avanti ma ora tornerò a insegnare». E il Sandonatese? «Non ci sono mai stato. In Italia sono stato solo a Firenze, tre anni».

Ultimo aggiornamento: 08:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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