Riforma Cartabia, il procuratore di Venezia Bruno Cherchi: «Il problema vero è la carenza di personale»

Martedì 17 Gennaio 2023 di Gianluca Amadori
Riforma Cartabia, il procuratore di Venezia Bruno Cherchi: «Il problema vero è la carenza di personale»

VENEZIA - «La riforma Cartabia ha molti aspetti positivi. La politica ha fatto una serie scelte innovative: alcune possono essere sicuramente discusse, ma non condivido i commenti catastrofici espressi a seguito dell'entrata in vigore delle nuove norme».
Il procuratore di Venezia, Bruno Cherchi, ha deciso di intervenire sul controverso argomento, dopo le tante polemiche dei giorni scorsi e l'annuncio di imminenti modifiche anticipate dal ministro Carlo Nordio.


STRUTTURE CARENTI
«A mio avviso le principali difficoltà applicative non saranno conseguenti alle modifiche normative più contestate, come la decisione di sostituire il carcere con pene alternative o la scelta di far diventare alcuni reati a querela di parte: il problema principale riguarda le strutture, la carenza di personale amministrativo e di magistrati. Una riforma può funzionare soltanto se vengono messe a disposizioni le risorse necessarie».
Il procuratore si riferisce, tra gli altri, all'ufficio che dovrà gestire i percorsi alternativi, come i lavori socialmente utili, già sperimentati da qualche anno per alcuni reati, il cui utilizzo sarà ampliato e dunque aumenterà in maniera notevole.
«Un ufficio già oggi in difficoltà: chi predisporrà i progetti, chi li seguirà, chi potrà fare i controlli se non è previsto un adeguamento della struttura? C'è poi un problema culturale: la sostituzione della pena detentiva con percorsi alternativi presuppone un senso etico, una condivisione da parte della società, dei cittadini, che dovrebbero sentire come proprio dovere quello di partecipare, di sottoporsi alla pena alternativa senza necessità di controlli stringenti. Una mentalità che oggi non mi pare sia presente in Italia».
L'ampliamento del ricorso alle pene alternative, alla giustizia riparativa, viene vista da Cherchi in maniera positiva: «È una scelta che prosegue nella strada già intrapresa, nella logica di concentrarsi sui reati di maggior rilievo sociale.

Con gli uffici sovraccarichi i processi non possono essere fatti tutti: celebriamo solo quelli più rilevanti. Oggi si inizia l'azione penale per tutto, ma poi gran parte dei processi non si riesce a finirli e molte persone restano indagate per anni, senza giudizio. Forse sarebbe stata più opportuna una depenalizzazione per introdurre sanzioni amministrative al posto di quelle penali per un certo numero di reati».


NOTIFICHE PIÙ DIFFICILI
Cherchi è perplesso sulla parte di riforma che ha reso più complessa la fase delle notifiche degli atti giudiziari: «Capisco le finalità di garanzia dell'indagato, ma non so se il sistema attuale sia in grado di gestire il previsto appesantimento delle procedure. Anche in questo caso si fanno le riforme senza prevedere le strutture adeguate».
Il procuratore non è invece preoccupato per il rischio dei mancati arresti nel caso di furti senza querela. «Non riusciamo a fare i processi per mancanza di personale e ci preoccupiamo delle querele? Per alcuni reati è giusto che si chieda un interesse della parte offesa affinché lo Stato lo persegua. E comunque, finora un reato grave come la violenza sessuale è sempre stato procedibile a querela di parte e nessuno ha mai obiettato nulla».
Cherchi non si scandalizza per i ladri fermati e lasciati andare per mancanza di querela: «L'arresto in flagranza è nato come strumento per interrompere l'attività delittuosa e dunque continuerà a svolgere il suo scopo principale: i responsabili verranno poi processati a piede libero. Oggi è vero che i ladri vengono arrestati, ma dopo la convalida o dopo la condanna al processo per direttissisma, vengono subito rimessi in libertà perché la legge non consente l'emissione di una misura cautelare».
Positivo, infine, viene considerata la norma che impone alle Procure di chiedere il giudizio soltanto in presenza di forti elementi a supporto di una possibile condanna: «Responsabilizza il pubblico ministero ed eviterà le tante, troppe assoluzioni che vengono pronunciate a conclusione dei processi».
 

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