VENEZIA - L'addio del primario Esopi? Parlare di personale all'osso, problemi di equipe e sbattere la porta è un comportamento che ci lascia perplessi. Dica piuttosto che ha preferito, legittimamente, tornare nella sua Trieste per fare un altro lavoro con cui potrà guadagnare molto di più. Da questo punto di vista il primario di Venezia Alberto Ricciardi, anche lui dimissionario per trasferirsi a Milano, è stato più onesto spiegandomi di essere di fronte alla classica proposta della vita, qualcosa di irrinunciabile. Il direttore generale dell'Ulss 3 Serenissima, Edgardo Contato, interviene così nel dibattito sull'addio in realtà sono due, appunto che da qualche giorno agita l'Ortopedia dell'ospedale di Dolo.
Com'è noto, il primario Paolo Esopi ha scelto di voltare pagina, per tornare a Trieste, ma al dg sono rimaste indigeste le dichiarazioni a mezzo stampa con cui ha deciso di annunciare, e motivare, il suo addio.
Se si crea un'incompatibilità ambientale, bisognerebbe fare una riflessione, in primis su se stessi. Faremo quanto necessario per ricostruire il reparto e ripartire ancora meglio di prima. Contato coglie l'occasione per un'analisi a più ampio raggio del fenomeno fuga dei camici bianchi che coinvolge anche gli ospedali veneziani. Oggi come oggi il pubblico non può competere col privato. Gli stipendi che quest'ultimo può offrire sono inarrivabili sostiene . Però è anche vero che certe funzioni il privato non le ha e non le potrà avere. Pensiamo, per restare nell'ambito, al Trauma Center: questo non lo troveremo mai in una clinica convenzionata e neppure in un poliambulatorio per quanto strutturato. Prosegue Contato: E' indubbio che ci sia chi lascia perché attratto dalle condizioni ben differenti del settore privato. A fare il salto nel privato sono spesso professionisti a fine carriera, che si sono formati e che hanno acquisito autorevolezza proprio operando nei nostri ospedali.
Persone che poi si trovano a ricevere offerte allettanti nelle cliniche e nelle strutture gestite con altre logiche rispetto agli ospedali pubblici. Dove il compenso percepito da uno specialista è ben superiore, a volte anche doppio rispetto a quello che viene garantito dal servizio sanitario pubblico e, per contro, l'impegno richiesto può essere minore, sia quanto all'orario di servizio sia quanto alla complessità dei pazienti che si va ad affrontare. Ribadisco, è lecito per tutti scegliere e faccio i miei migliori auguri a chi ha scelto di andare. Ma sia chiaro conclude Contato che chi lascia il servizio pubblico, se ne va perché in primo luogo ha fatto valutazioni di carattere economico e di qualità della propria vita.