Il post del consigliere Valdegamberi Il gip: «Minacce sui social? Vanno valutate con leggerezza»

Giovedì 11 Marzo 2021
Il post del consigliere Valdegamberi Il gip: «Minacce sui social? Vanno valutate con leggerezza»
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VENEZIA È stata archiviata l'inchiesta per minacce e istigazione a delinquere a carico del consigliere regionale zaiano Stefano Valdegamberi, che nel 2018 su Facebook aveva accompagnato così l'immagine di un lupo ammazzato in Lessinia: «Il prossimo che troverete in foto sarà uno della Lav...».

Ma la notizia sta piuttosto nelle motivazioni contenute nel decreto del Tribunale di Roma, competente per l'esposto presentato dai vertici nazionali della Lega anti-vivisezione, riportate ieri dal quotidiano L'Arena: «È noto, infatti, che i commenti sui social siano caratterizzati dalla più ampia libertà di espressione e dall'immediatezza e possono essere valutati con maggior leggerezza rispetto ad altre modalità di espressione». Dissente il deputato dem Diego Zardini: «Crediamo sia un errore considerare questi ambienti come zone franche, in cui è possibile attaccarsi e insultarsi verbalmente».


GIURISPRUDENZA DIVISA

Peraltro la giurisprudenza è divisa sul tema. Quattro mesi fa la giudice Anna Nardo, del Tribunale di Vicenza, pronunciandosi su una causa civile aveva scritto che gli interventi ingiuriosi e minatori su Facebook costituiscono «una condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato di soggetti ampliando e aggravando l'offesa», per cui il risarcimento non poteva essere «meramente simbolico». Invece per il gip Bruno Azzolini, «è evidente l'inopportunità e il cattivo gusto del commento», inserito nel quadro dell'accesa contrapposizione sulla gestione dei lupi in montagna. Il magistrato ha però aggiunto che la frase «non può essere ritenuta minacciosa nei confronti di chicchessia», anche perché il mezzo social «consente una minor rigidità nella valutazione della portata minatoria del commento».


LE REAZIONI

Valdegamberi esulta: «Denunciare per le opinioni e solo per fare proselitismo ambientalista non paga. Peccato solo che queste associazioni fanno battaglie usando i soldi del 5 per mille dei contribuenti mentre chi subisce la querela si deve pagare spese e avvocati di tasca propria». Invece per Zardini la tesi alla base dell'archiviazione «vanifica il lavoro culturale, formativo e legislativo che da anni fanno le istituzioni, la scuola e la politica per arginare il fenomeno della violenza e dell'odio in rete».
A.Pe.

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