Payback, tutte le Regioni hanno sforato il tetto. «Le imprese falliranno». Quanto hanno speso Veneto e Friuli di acquisti per la Sanità - Tabella

Mercoledì 28 Dicembre 2022 di Alda Vanzan
Payback, tutte le Regioni hanno sforato il tetto
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Nel 2021 il Veneto poteva spendere 421 milioni di euro in dispositivi medici, ne ha spesi più di 600: uno scostamento del 43%. Nello stesso anno il Friuli Venezia Giulia è andato oltre, sforando il tetto addirittura del 91%. Chi più (Friuli e Bolzano), chi meno (la Calabria), tutte le Regioni italiane - come si può vedere nella tabella a lato - hanno speso in pacemaker, bisturi, mascherine, apparecchi odontoiatrici e quant'altro più di quanto potevano. E un giorno, assieme ai fornitori, dovranno restituire i soldi. È il meccanismo del payback sanitario che, per la prima volta sarà applicato il prossimo mese: a meno di improvvisi dietrofront governativi, entro il 15 gennaio 2023 i fornitori dovranno restituire complessivamente 2 miliardi e 100 milioni per gli sforamenti dei tetti di spesa relativi agli anni 2015, 2016, 2017, 2018.

Solo in Veneto sono coinvolte 2.170 imprese per 230 milioni.

Payback, conseguenze per le aziende

«Questo non è altro che un modo per portare le aziende al fallimento per mancanza di cassa con conseguenze catastrofiche per l'occupazione, i territori e la qualità della salute», ha detto Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici. Una posizione condivisa dagli industriali veneti. «Se le imprese chiudono si potrebbero non riuscire a garantire le forniture di prodotti, anche salvavita, agli ospedali; la qualità delle tecnologie mediche rischia di abbassarsi; i medici si troveranno costretti a lavorare senza avere le tecnologie all'avanguardia fondamentali per poter esercitare al meglio la professione e in ultima istanza essere disincentivati a rimanere nel nostro Paese, preferendo l'estero. Le conseguenze per i cittadini sono altrettanto gravi: senza risorse destinate alla sanità e senza imprese che la riforniscono, sempre più persone non avranno accesso alle cure con un notevole impoverimento dell'offerta e della qualità dei servizi sanitari».


Cancellare il Payback


La richiesta pressoché unanime delle aziende fornitrici di dispositivi medici, sia industriali che artigianali, è di cancellare il payback. Ma perché, dopo otto anni dalla legge istituiva, solo ora questa misura viene applicata? Una delle motivazioni principali che hanno portato ad attuare il payback sta nella necessità di ripianare gli aumenti della spesa sanitaria delle Regioni legati alla gestione della pandemia. Si ricorda - sottolineano gli industriali - che la struttura commissariale ha acquistato vaccini, test, dispositivi direttamente connessi con la pandemia, ma altre spese dirette ed indirette prodotte dalla stessa pandemia sono rimaste a carico delle Regioni e rappresentano mediamente il 50-55% delle spese effettivamente sostenute. Del resto l'importo del payback a carico delle imprese per il periodo 2015-2018, pari a 2,1 miliardi, viene registrato come entrata regionale nel bilancio 2022. In tal modo viene evitato che le Regioni - probabilmente tutte o quasi tutte - entrino in piano di rientro.


Regioni, chi dice sìe chi dice no


Alcune Regioni insistono perché il payback venga applicato: «Il payback dei dispositivi medici deve essere corrisposto, e questo ci dà la possibilità di metterlo a bilancio - ha detto il presidente della Toscana, Eugenio Giani, al Corriere Fiorentino -. Gli imprenditori sapevano di dover dare questi soldi alle Asl. Non si vengano oggi a lamentare». Gli industriali ribattono: «Le aziende che hanno negli anni partecipato a gare dopo 8 anni si vedono richiesta una contribuzione del 50% dello sforamento della spesa regionale, di cui non hanno responsabilità e su cui hanno pagato le tasse».

Ultimo aggiornamento: 17:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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