Il parroco di Venezia che cerca una casa in montagna

Lunedì 26 Novembre 2018 di Tomaso Borzomì
Il parroco di Venezia che cerca una casa in montagna
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VENEZIA - Una casa in montagna per rendere più coeso il gruppo di parrocchiani. È questo il desiderio di don Andrea Longhini, parroco dei Gesuati, Carmini e San Trovaso, che da sempre crede nell'unità del gruppo per cementare le relazioni tra parrocchiani. Questa casa si trova a Tambre, in Alpago, dispone di una cinquantina di camere e - nell'idea di don Andrea - vorrebbe diventare il rifugio per i parrocchiani di ogni età. La proposta è stata messa per iscritto sul bollettino della parrocchia, ma non sono in pochi i membri della comunità che hanno manifestato perplessità. Al di là dell'idea, che può essere lodevole, questi affermano che è pieno di case della Curia o di altre parrocchie che sono sottoutilizzate o non utilizzate affatto. E pertanto, chiedono una riflessione attenta.
Questa sera, in patronato di San Trovaso, alle 20.45 ci sarà una di queste riunioni.
 
RICREARE LA COMUNITÀ«A Venezia, rispetto ad altri luoghi, si è perso il senso di famiglia e comunità nelle parrocchie e nei sestieri. Il desiderio primo è ricreare, a livello pastorale, quel senso», spiega il parroco arrivato in città da un anno. Don Andrea spiega che nella sua rete ha incontrato persone molto disposte a fare da collante, ma la fatica non manca: «Venezia, senza macchine, è deputata a essere una zona ideale per creare quel senso di famiglia. Credo che però serva avere un luogo a disposizione della comunità dove poter fare campi scuola dei ragazzi o gruppi famiglia. L'ho vissuto nella mia esperienza ad Altobello e a Chirignago: far sentire le persone insieme aiuta a costruire questo senso».
LA CASA IN MONTAGNAE quindi ecco il sogno, quello di cercare una casa di montagna che possa servire ai parrocchiani: «Mi piacerebbe trovare qualcosa di simile - continua il prelato -, vicino a qui, spendendo poco, dove poter creare questo gruppo». L'idea del parroco è quindi ricaduta sul Cadore: «Nella zona del basso Cadore potrebbe esserci qualcosa che non costi tanto, non è come le zone più ricercate, dove le case costano molto, sono aree turisticamente depresse, se fosse un posto ricco non sarebbe possibile». Anche se don Andrea ci tiene a precisare che, seppure ci si trovi allo stadio più che preliminare: «Mi muovo solo con il consenso dei parrocchiani, se no non se ne fa nulla».
I MUGUGNIUn consenso che per ora non è unanime, come conferma anche il religioso, affermando che ci sia chi veda di buon occhio la prospettiva e chi meno. Ma all'interno della comunità c'è chi si chiede se sia opportuno o meno un investimento di questo tipo, alla luce del fatto che oltre al costo di acquisto, poi ci sarebbero tasse, bollette, manutenzioni che dovrebbero esser sostenute. Per non parlare della possibilità di trovare accordi con altre realtà vicine alla Chiesa. Don Andrea conclude spiegando il suo obiettivo: «Sono molto responsabile del denaro che le parrocchie ricevono, perché è denaro che arriva direttamente dai parrocchiani. Bisogna però formare le persone affinché si aiuti chi ha bisogno: nel modo di formare i valori del cattolicesimo c'è anche questo, se i soldi sono usati in maniera oculata, permettono di trasmettere i valori cristiani anche nei confronti del bisognoso».
Ultimo aggiornamento: 27 Novembre, 12:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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