Venezia, Paolo Venini e Murano: la rivoluzione del vetro

Lunedì 12 Dicembre 2022 di Alberto Toso Fei
Paolo Venini nell'opera di Matteo Bergamelli

VENEZIA - Chi non ha mai sentito almeno una volta evocare il nome di Venini, associato alla vetraria muranese? Eppure, nell'economia di una industria millenaria come quella dell'isola, la presenza della ditta che porta il nome di Paolo Venini esiste solo da un centinaio d'anni: a vincere, allora, fu l'idea di innovazione commerciale e del design che questo avvocato milanese portò con sé in laguna.

Nato a Cusano Milanino il 12 gennaio 1895 dal proprietario terriero Celestino Venini e da Giuseppina Todeschini, Paolo Venini crebbe insieme a tre fratelli e due sorelle in un clima familiare benestante, e arrivò a Murano quasi per caso.

Dopo la laurea in legge a Pavia e l'impiego in uno studio notarile, durante la prima guerra mondiale fu dislocato nel veneziano come ufficiale di compagnia. Alla fine del conflitto - tramite l'antiquario Giacomo Cappellin - venne a contatto con l'ambiente del vetro.

Nel 1921 i due fondarono a Murano la Vetri Soffiati Muranesi Cappellin Venini & C., per la cui direzione artistica fu incaricato il pittore muranese Vittorio Zecchin, che subito diede un'impronta Liberty in linea con i tempi. La partecipazione a diverse esposizioni e alla Biennale d'arte del 1922 sancirono fin da subito il gradimento del pubblico e della critica. Nel 1923 Venini sposò Ginette Gignous, con la quale ebbe le figlie Laura e Anna, e si stabilì definitivamente a Venezia.

Tre anni più tardi, dopo aver sciolto il sodalizio con Cappellin, ripartì con la Vetri Soffiati Muranesi Venini & C. insieme allo scultore Napoleone Martinuzzi (altro artista muranese, incaricato della direzione artistica), Francesco Zecchin, Ruggero Maroni e Alberto Francini. E se da un lato la produzione ebbe certamente una continuità con l'esperienza precedente, dall'altro - in pochi anni - la collaborazione coi grandi architetti e designer del tempo (Tomaso Buzzi, Emilio Lancia, Michele Marelli, Gio Ponti) e la messa a punto di nuove tecniche di lavorazione, assieme alla presenza dei migliori maestri vetrai presenti sul mercato, segnarono un deciso punto di svolta.
Dopo un nuovo riassetto societario e l'ingresso di Carlo Scarpa nel 1932, l'azienda conobbe uno dei suoi periodi più floridi, e gli Anni Trenta e Quaranta furono connotati da una sperimentazione formale e tecnica che permise alla Venini di distinguersi ulteriormente: da un lato la ditta continuò a realizzare vetri artistici di grande successo commerciale, dall'altro brevettò dei sistemi di illuminazione per le Ferrovie dello Stato e le Poste italiane, con le quali furono sottoscritti importanti contratti.

Filigrane, murrine, sommersi, lattimi, velati, incalmati... Venini divenne celebre per la sua rivisitazione delle lavorazioni tradizionali antiche unite a una straordinaria capacità innovativa, garantita da collaborazioni con progettisti sempre nuovi e maestranze all'altezza di ogni progetto. Richiamato alle armi nel 1936 per la campagna d'Africa, dalla quale fu successivamente congedato, e evitata per limiti d'età la seconda guerra mondiale (nel corso della quale mise la ditta a produrre bulbi in vetro per lampadine e flaconi e provette farmaceutici), Paolo Venini riprese con slancio le redini dell'azienda e nel 1948 si presentò alla Biennale con una serie di dodici figure ispirate alla commedia dell'arte ideate da Fulvio Bianconi.

Gli anni Cinquanta furono dedicati al perseguimento e al rafforzamento di questa politica di collaborazioni volte al rinnovamento, e contemporaneamente alla rivisitazione di forme della trazione vetraria: da un lato l'arrivo in azienda di Piero Fornasetti, Eugene Berman, Ken Scott, Riccardo Licata, Charles Lyn Tissot, Tobia Scarpa; dall'altro la produzione del vaso Fazzoletto, di vetri zanfirici, di murrine opache, di reticelli e opalini. Dopo aver dato un nuovo orientamento verso l'illuminazione - culminata nel 1956 con l'apertura del negozio Olivetti a New York, per il quale la Venini realizzò un sistema di luci innovativo - e aver partecipato a innumerevoli eventi (come la Triennale e la Quadriennale di Milano), Paolo Venini si spense a Venezia il 22 luglio 1959. Ma la strada era tracciata: Venini e Murano erano oramai due nomi destinati a viaggiare insieme nel tempo.
 

Ultimo aggiornamento: 18:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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