Omicidio di Mira. «Mio Dio cosa è successo, non doveva finire così». Andrea freddato da due colpi ravvicinati

Domenica 5 Luglio 2020 di Monica Andolfatto
Omicidio di Mira. «Mio Dio cosa è successo, non doveva finire così». Andrea freddato da due colpi ravvicinati
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MIRA (VENEZIA) - «Mio Dio cosa è successo, non doveva finire così». Litigano, si mettono le mani addosso, cadono sull'asfalto, quello più corpulento sopra a quello più magro: quest'ultimo si rialza sconvolto, l'altro muore, freddato da due colpi di pistola al fianco destro e sinistro esplosi a distanza ravvicinata. Poi è solo disperazione: per la vittima, Andrea Baldan, 51 anni, veneziano del centro storico del sestiere Dorsoduro, trapiantato a Mestre, e per l'assassino, Simone Meggiato, anche lui 51enne, mestrino ormai da tempo residente a Oriago, frazione di Mira, una delle perle della Riviera del Brenta. Ed è qui, in via Piave, a una quarantina di metri dalla palazzina dove abita Meggiato, al civico 6, che poco prima dell'una dello scorsa notte si è consumata la tragedia: quando Meggiato, consulente informatico, uccide l'ex marito della sua compagna. Ma non scappa, chiama i soccorsi, si getta sul corpo di Baldan, gli pratica la respirazione bocca a bocca, lo chiama per nome, chiede aiuto e quando capisce che non c'è più nulla da fare ripete fra le lacrime: «Mio Dio cosa è successo, non doveva finire così». 

 

 
 

Omicidio a Mira, cosa è successo

Meggiato, arrestato dai carabinieri della locale tenenza e del Radiomobile di Mestre, ora è rinchiuso a Venezia. Nel carcere lagunare è arrivato verso mezzogiorno di ieri, con il braccio ingessato dopo essere stato portato all'ospedale di Mestre per essere medicato alla mano sinistra trapassata dal terzo dei colpi da lui stesso esplosi e all'avambraccio ferito dal rinculo dell'arma. L'accusa formulata nei suoi confronti dalla pm Alessia Tavarnesi è di omicidio volontario. L'interrogatorio lunedì, davanti alla gip Barbara Lancieri, lo stesso giorno in cui il medico legale Claudio Terranova eseguirà l'autopsia sulla salma di Baldan, all'obitorio dell'ospedale di Mestre. Sotto sequestro la Glock calibro 9 detenuta regolarmente per uso sportivo da Meggiato e anche la pistola al peperoncino con le quali è sceso per affrontare Baldan. «Era terrorizzato da quell'uomo che più volte lo aveva minacciato di morte, dicendogli anche che lo avrebbe ridotto in carrozzina. Il mio cliente non è un delinquente, è stata una disgrazia, non si dà pace» afferma la sua legale, l'avvocata Tiziana Nordio.
 
 

Il delitto per motivi sentimentali

Due destini incrociati sulla strada di uno stesso amore, Gemma, ex moglie di Baldan, padre dei suoi due figli di 18 e 15 anni, e da poco nuova compagna di Meggiato. Una relazione che Baldan non ha mai accettato e che lo ha portato a diventare molesto con appostamenti, messaggi intimidatori, minacce specie nei confronti del rivale. Tanto che qualche settimana fa a seguito della denuncia della donna, il giudice gli aveva imposto, contestandogli stalking e atti persecutori, il divieto di avvicinamento ai luoghi da lei frequentati. Il suo difensore, l'avvocato Damiano Danesin, lo aveva salutato nel tardo pomeriggio di venerdì, verso le 18.30: «Forse sono stato tra gli ultimI a vederlo vivo. Era rasserenato, avevamo discusso del processo, perché il pm aveva chiesto il rito immediato. L'unica preoccupazione che aveva era di non ferire i figli che adorava. Aveva persino acquistato una casa vicino a quella della ex per seguirli meglio, essere sempre presente. Non ha mai intimorito la moglie, piuttosto aveva paventato atti autolesionistici, ma non si capacitava del legame sentimentale che lei aveva avviato. Lo chiamavano tutti il gigante buono, era una persona che non doveva essere colpito da un procedimento penale, era tutto tranne che un criminale».

Simone Meggiato

 

Oriago, uomo ucciso: chi era

Un fisico imponente quello di Ciccio Baldan, con un passato di campione nel lancio del peso, e un presente alle dipendenze di una ditta specializzata in trasporti e traslochi in laguna.

Andrea è stato atleta di Assindustria Sport. Il direttore tecnico Pertile: «Assurdo, era un gigante buono»

«È stata un'esecuzione, spietata.
Mio fratello non era come lo dipingono. La separazione dalla moglie lo aveva fatto soffrire tantissimo ma non avrebbe mai fatto del male a nessuno. Un gran lavoratore, solare, viveva per i figli» dice fra i singhiozzi la sorella gemella Carla. «Era molto giù, e il lockdown gli aveva fatto perdere i punti di riferimento. E in passato aveva ceduto anche al bere. Era seguito anche da uno psicologo dei servizi sociali. Aveva un estremo bisogno di parlare con qualcuno. Il divorzio era stato civile, non burrascoso. Poi è subentrata questa figura che non perdeva occasione per istigarlo e provocarlo» affermano due degli amici più intimi.

Ultimo aggiornamento: 6 Luglio, 07:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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