Nube tossica da Marghera. Da Venezia a Treviso l'area urbana esposta al vento avvelenato

Sabato 16 Maggio 2020 di Elisio Trevisan
Nube tossica da Marghera. Da Venezia a Treviso l'area urbana esposta al vento avvelenato

A metà luglio dell'anno scorso un operatore della 3V Sigma di Marghera, la fabbrica andata distrutta ieri, mentre stava seguendo il drenaggio di una linea di fondo del reattore dell'impianto Pm4, venne investito alla gamba sinistra da alcol duetilesilico e benzocaina a causa della rottura di un manicotto di un tubo flessibile, e finì all'ospedale. È scritto in una delle segnalazioni che i dipendenti hanno fatto alla Prefettura per chiedere condizioni di sicurezza migliori: «Da tempo abbiamo segnalato all'Azienda che questo tipo di tubo flessibile non era idoneo a tale genere di operazioni di drenaggio. Purtroppo non siamo mai stati ascoltati» scrissero in una lettera al prefetto Vittorio Zappalorto.
 



IL PANORAMA
3V Sigma era una delle tante aziende di Porto Marghera, occupa un terreno fuori del perimetro dello storico petrolchimico dove operano le più importanti realtà chimiche dell'Eni, come Versalis, ma è comunque all'interno dei 2 mila ettari di quella che per decenni, dall'inizio del 1900, è stata una delle più importanti aree industriali d'Europa, in declino costante da una trentina d'anni a questa parte.

Attorno a Porto Marghera ci sono i centri abitati di Marghera, Malcontenta, Mestre, la laguna e Venezia, e più oltre la Riviera del Brenta da una parte e Treviso dall'altra. Una vastissima area a rischio nel caso di incidente grave perché i fumi degli incendi, a seconda di dove tira il vento, possono raggiungerla, e si tratta di vedere che tipo di inquinanti portano con sè.
Per molti cittadini Porto Marghera è come una solfatara dove ogni tanto vapori e gas sbuffano provocando esplosioni. Solo che gli incidenti che si verificano ogni qualche mese, lievi o gravi, sono provocati dall'uomo: una volta si rompe un tubo, un'altra un frigorifero utilizzato per raffreddare gli impianti, un'altra ancora un compressore, e via di seguito con flange che saltano, bulloni che si rompono, manicotti che cedono. E se va bene nessuno si fa male, va perso un po' di prodotto e tutto il resto viene bruciato nelle fiaccole di sicurezza di Fusina, ormai diventate famose perché, in particolari condizioni atmosferiche, i loro fumi si vedono fin da Padova. Ma se va male succede, come ieri, che due operai finiscono gravissimi all'ospedale e una fabbrica viene distrutta.
 
 


LE FIACCOLE
Potenzialmente a rischio, in quell'area dalla quale si può ammirare Venezia, ci sono il vecchio impianto di cracking che ogni tanto va in blocco e fa fumare le fiaccole disperdendo incombusti, ossidi di azoto, carbon black, come ricordano i responsabili delle associazioni Medicina Democratica, Ambiente Venezia, Ecoistituto A.
Langer e anche l'Assemblea permanente dei cittadini contro il rischio chimico di Porto Marghera: «Ci sono, per fare alcuni altri esempi, la raffineria coi suoi depositi di carburanti e oli a rischio rilevante di incendio, i depositi ormai solo commerciali di molteplici sostanze chimiche tossiche all'ex Enichem (parchi serbatoi) col traffico di bettoline e autobotti, la Sapio e le altre piccole fabbriche chimiche come Arkema, la Solvaysolexis con prodotti tossici, e ancora i depositi di carburanti infiammabili Decal, San Marco Petroli, Petroven».

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