MESTRE - Senza tenere in considerazione le indicazioni di una loro collega avevano deciso di portare avanti la gravidanza della loro paziente fino alla quarantunesima settimana, quando la situazione restituita dalle analisi mediche era peggiorata e si era scelto di tentare il tutto con un cesareo d'urgenza. Due giorni dopo la bambina nata a Mestre da quel parto urgente moriva all'ospedale di Padova, dov'era stata trasferita per le complicanze scoperte. Una vicenda per cui due ginecologi rischiano, ciascuno, la condanna a un anno di reclusione come chiesto ieri mattina dal pubblico ministero Federica Baccaglini: sono un ginecologo ostetrico di 62 anni, residente a San Donà, e un sessantatreenne ginecologo esperto in morfologia neonatale, residente a Padova. L'accusa è di concorso in omicidio colposo.
È ancora l'atto d'accusa a raccontare i motivi della richiesta di condanna, mentre il 20 giugno toccherà alle difese e l'11 luglio sarà sentenza. Ì ginecologi «non prestavano adeguata assistenza» alla trentaseienne «perché pur messo a loro disposizione l'esame di ecografia ostetrica» che suggeriva il dubbio «non approfondivano tale sospetto diagnostico e facevano portare la gravidanza fino a esaurimento della quarantunesima settimana», cioè a gennaio 2017. Nonostante sulla gravidanza pesasse da quasi sei mesi «un fattore di rischio quale l'inserzione velamentosa del cordone ombelicale che avrebbe comportato monitoraggio continuo e anticipo del parto. Così - conclude - si sarebbe evitato il decesso» della bambina, nata il 18 gennaio 2017 a Mestre, trasportata a Padova d'urgenza e vissuta fino al 20 gennaio quando ad ucciderla è stata un edema cerebrale e una polmonite.
Per la procura, se avessero seguito quella diagnosi, gli effetti dell'infezione placentare «sarebbero stati meno rilevanti e la piccola sarebbe nata in buone condizioni».