Covid, negozio si riduce l’affitto, il giudice dice no allo sfratto: «Morosità incolpevole»

Giovedì 11 Febbraio 2021 di Michele Fullin
VENEZIA DESERTA Commercianti penalizzati dal drastico calo degli affari
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VENEZIA Ormai è diventato molto difficile trovare un giudice che conceda lo sfratto esecutivo nei confronti di commercianti e esercenti che si sono trovati nell’impossibilità di pagare l’affitto per intero a causa della congiuntura negativa che tiene l’Italia sotto scacco da un anno. E Venezia, addirittura da novembre 2019. È recentissima l’ordinanza con cui il Tribunale di Venezia non ha omologato lo sfratto di una tabaccheria sita in una delle zone più centrali della città, riconoscendo che la situazione emergenziale causata prima dalla disastrosa acqua alta e poi dalla pandemia.


“MOROSITÀ” INCOLPEVOLE
Non è infatti una “colpa” di chi gestisce un’attività se il giro d’affari si è improvvisamente ridotto di due terzi in modo omogeneo in tutta Venezia e i proprietari hanno a questo punto l’obbligo, almeno morale, di applicare canoni sostenibili fino a quando il problema Covid sarà superato. Qualcuno lo ha fatto, riducendo anche del 70 per cento l’affitto. Perché, diciamocelo chiaramente, la prospettiva per il turismo non è di una ripresa immediata né per quest’anno né per il prossimo. Quindi, o fallisce tre quarti delle attività e Venezia diventerà una città fantasma con le vetrine foderate di giornali o spennellate di vernice bianca per non mostrare la desolazione che c’è dietro.


LA VICENDA
La tabaccheria in questione ha un canone da contratto di poco meno di 90mila euro l’anno, circa 7mila 500 al mese, che sono sempre stati pagati fino a febbraio 2020. Ad un certo punto, chiuso in anticipo il Carnevale, la titolare si è trovata nelle condizioni di non poter pagare più la stessa cifra. Così, aveva avvertito la proprietà che non ce la faceva più. Dopo qualche tentennamento, la proprietà aveva fatto un’offerta anche importante: di dimezzare il canone. Per il conduttore però ancora non era sufficiente, avendo perso tre quarti di fatturato. L’attività oltre a tabacchi vende articoli per turisti, che sono rimasti lì per 12 mesi. Ma anche le sigarette, con bar e ristoranti chiusi, turismo fermo e impiegati in smart working, hanno fruttato poco.
«A quel punto - racconta la titolare dell’attività - ho deciso di tentare il tutto per tutto. Io ho scelto di pagare in affitto quello che posso, con una riduzione parametrata al calo del fatturato.

E tenga conto che il mio “guadagno” va tutto alla proprietà. Io, di fatto, lavoro solo per pagare le spese e l’affitto».


IN TRIBUNALE
La proprietà non ha approvato la riduzione, che è arrivata a poco meno del 30 per cento dell’originario e ha fatto partire l’iter di sfratto esecutivo. L’avvocato Jacopo Molina che ha assistito la tabaccheria assieme al commercialista Marco Busetti e al consulente del lavoro Michele Scibelli, ha prodotto una corposa memoria in cui sono stati segnati i ricavi per ciascuna categoria merceologica, mettendo “in piazza” il giro d’affari per far capire quanto esso si fosse ridotto. La richiesta al giudice è la riduzione del canone al 25 per cento dell’importo originario fino al 31 dicembre 2021, chiedendo anche una consulenza tecnica d’ufficio. L’epilogo è stato inusuale, perché il giudice non solo non ha omologato lo sfratto, ma ha dato tempo ai due soggetti fino a giugno per trovare un nuovo accordo. Altrimenti o deciderà lui o non resterà che la causa civile, con i tempi e i rischi che conosciamo e con i giudici che stanno sempre più cambiando il modo con cui vedono gli sfratti per morosità causa covid.


LE SENTENZE
Nel corso del 2020 ci sono state già diverse sentenze avverse alla proprietà dei fondi. A maggio 2020, a un negozio situato all’interno di un centro commerciale chiuso per lockdown e che non aveva pagato l’affitto è stata data ragione, il giudice aveva dato ragione, poiché questo non aveva potuto neppure accedere allo spazio preso in affitto. Nello stesso mese il Tribunale aveva impedito l’escussione di una fidejussione da parte della proprietà di un negozio (assistito sempre da Molina) che non aveva pagato l’affitto causa crisi da acqua alta e covid. In dicembre, un altro giudice aveva abbassato di 10mila euro annui il canone annuale preteso dal Demanio per un negozio in piazza San Marco. 
Anche a Roma un ristoratore aveva visto riconosciute le sue ragioni dal Tribunale.
Ci sono tanti casi a Venezia in cui fondazioni, istituzioni, società pubbliche e società private non hanno ancora abbassato i canoni di un euro adducendo i motivi più diversi e mettendo in difficoltà famiglie e aziende che si sono indebitate o hanno venduto le loro proprietà solo per pagare l’affitto.
Adesso, però è ormai acquisito alla giurisprudenza che le rendite immobiliari non sono indenni, e non devono esserlo nel caso di attività economiche, dalla crisi sanitaria più grave degli ultimi cento anni.
 

Ultimo aggiornamento: 08:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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