CHIOGGIA - C'è il super-terminal al largo del Delta del Po che copre il 12 per cento del fabbisogno italiano di gas. Un gioiello preziosissimo, specie di questi tempi. E ci sarà (forse) pure un altro rigassificatore flottante, cioé su nave, in mare aperto davanti a Chioggia. Non proprio un rigassificatore, visto che si tratterà di una nave madre da 145mila metri cubi di gas stoccato che, rifornita dalle navi gasiere, alimenterà a sua volta di gas liquido degli shuttle diretti a Monfalcone dove il Gnl verrà poi riportato allo stato gassoso. Proprio di fronte a Chioggia, la città che ha vinto la battaglia contro il deposito di Gpl, anche se in questo caso la nave sarà ormeggiata in mare aperto, addirittura - secondo la società proponente Smart Gas che fa capo all'imprenditore Alessandro Vescovini - con un iter autorizzativo che non necessiterebbe della Valutazione di impatto ambientale e che potrebbe diventare realtà nell'arco di un anno e mezzo.
CONFERENZA DEI SERVIZI
«Abbiamo discusso di questo progetto in conferenza dei servizi convocata dalla Regione - rivela l'ammiraglio Piero Pellizzari, direttore Marittimo del Veneto nel corso dell'interessante convegno Il rigassificatore veneto Adriatic Lng, promosso ieri dall'International Propeller Club, presieduto da Anna Carnielli, nella Venezia Heritage Tower di Porto Marghera -.
L'ANALISI
E intanto nella prossima primavera il terminal off-shore di Porto Levante arriverà alla millesima nave metaniera scaricata dalla sua entrata in esercizio nella seconda metà del 2009, attualmente con più di 80 miliardi di metri cubi di gas inviati alla rete nazionale (tra i 24 e i 26 milioni di metri cubi al giorno). Alfredo Balena, direttore delle Relazioni esterne ed istituzionali di Adriatic Lng, traccia un quadro non proprio rassicurante almeno sul futuro prossimo del fabbisogno energetico nazionale e mondiale: «Le analisi sono chiare - spiega - fino al 2050 ci sarà ancora bisogno di carbone, petrolio e gas, perché non basteranno né le rinnovabili né il nucleare. I prezzi? É da un anno che sono in aumento, ben prima della guerra in Ucraina, a causa di stime sbagliate sull'andamento del mercato, sulla crescita industriale e sulla corsa agli approvvigionamenti, in particolare dalla Cina. Non si erano fatti gli stoccaggi, quelli che ora ci sono al 95% del fabbisogno per il prossimo inverno». E poi? «I veri problemi, se non arriverà più il gas russo, li vedremo nell'inverno 2023-2024, perché non saremo in grado di stoccare altrettanto gas. Gas dal quale si ricava il 40 per cento dell'energia di cui l'Italia ha bisogno. E, se ora i prezzi sono in calo, è perché gli stoccaggi sono pieni, la produzione è in calo e la stagione calda è durata a lungo. Ma ora, con l'arrivo del freddo, i consumi stanno già riprendendo».