L'isola dei vetri preziosi e delle fornaci diventata destinazione mordi e fuggi

Domenica 4 Aprile 2021 di Manuela Lamberti
Murano

VENEZIA - Se Venezia è un pesce, Murano è l'isola del fuoco e del vetro, della creatività, dell'arte che ha saputo fare il giro del mondo, un'isola che proprio per la sua conformazione ha dato vita, nei secoli, a una sana competitività in grado di dare i natali a ingegni ed eccellenze: pittori, scultori, scrittori, attori non si contano sulle dita di due mani.

Persone dal carattere forte che, si pensava, fossero tanto bravi quanto irascibili, come il fuoco delle loro fornaci. Lo scriveva perfino Casanova nelle sue memorie e tra i veneziani, quando una persona aveva uno scatto iracondo, si era soliti chiedere: Ma sei stato a Murano, per caso?. Un'isola divisa in due dal Canal Grande e collegata dal ponte lungo Lino Toffolo (perché, come dicevano fieri i muranesi, di Canal Grande ce n'è uno solo in laguna, ed è quello di Murano, mentre quello di Venezia è il canalasso): da una parte la zona più industriale, quella definita Rio, abitata dai siegoi marsi, dall'altra quella un tempo più rurale, San Donà, abitata dai zaloti.

DIFFERENZE
Modi di dire che pochi conoscono ancora e che raccontano una storia di cui si sono perse molte tracce. Proprio in quanto isola, i muranesi hanno da sempre un dialetto leggermente diverso da quello veneziano, con le vocali più aperte e con termini legati alla lavorazione del vetro il cui significato è noto solo agli abitanti. Si scende alla Colonna, che deve il suo nome al monumento presente in piazzale: è l'inizio della zona dove c'è sempre stata la maggior concentrazione delle vetrerie. Per questo motivo il piccolo canale che la attraversa si chiama Rio dei Vetrai. Fornaci che sorgevano una di fianco all'altra e davano la spinta a una grande competizione artistica.

LA STORIA
«È del 1291 l'editto veneziano Cerbero che concentra le vetrerie a Murano (dov'erano già in gran numero) e credo non fosse solo per il timore degli incendi, ma anche e soprattutto per l'esigenza della Serenissima di controllarle racconta lo storico, scrittore e artista muranese Marco Toso Borella ma Murano ha delle origini ben diverse. Il suo nome Amurianum, secondo i miei studi, non deriva da una porta di Altino, ma dal termine Muria: salamoia, acqua salata, perché un tempo qui c'erano le saline, circa nel V-VI secolo dopo Cristo. Basti pensare che la prima chiesa di Murano si trovava in località San Salvador e fondata in loco salinarum. Le prime attività di questa isola sono quindi le saline e poi c'erano i mulini che funzionavano con la marea».

TURISTI E COMMERCIO
Passeggiando lungo rio dei Vetrai oggi si notano molte serrande abbassate dei negozi, che non trovano ragione di aprire a causa della quasi totale assenza di turisti. Abbiamo inseguito una realtà che non era la nostra e la velocità con cui sono apparse le migliaia di turisti è la stessa con cui sono scomparsi dice Toso Borella. Un tempo lungo il rio sorgevano panifici, gastronomie, una pescheria, negozi di abbigliamento e di ortofrutta, ora sostituiti da negozi di vetro, o bar e osterie. Lungo fondamenta Manin sono presenti alcuni fra gli edifici più storici dell'isola, quelli con il sottoportico, dove si concentravano magazzini, fornaci e abitazioni padronali. Sulla riva, riparata dal portico, si prendeva il traghetto o omnibus, una sorta di tram a remi. «Murano è come Venezia, bisogna porsi delle domande quando si cammina, anche semplicemente leggendo i toponimi. Ti racconta una storia che adesso non sai più come interpretare e noi abbiamo perso la voglia di chiederci chi siamo racconta Toso Borella ­ Murano è l'isola che nel 1600 iscriveva le famiglie nel Libro d'oro, un libro che dava diritto a partecipare alla vita pubblica e a lavorare il vetro. Sono muranesi i maestri che realizzano la sala degli specchi di Versailles. Murano era talmente ambita che le famiglie foreste arrivavano al punto di comprarsi la cittadinanza per poter lavorare il vetro. Poi negli anni 20 viene soppresso il Comune, l'identità viene perduta, perfino i toponimi cambiano, tanto che per qualche decennio il rio dei vetrai diventa fondamenta La Marmora, il Bressagio si trasforma in Viale Garibaldi».

TRADIZIONE E FUTURO
Oggi, in Bressagio, è in decadenza anche l'ospizio Briati, che dava assistenza alle vedove dei vetrai, dopo un tentativo fallito di dargli nuova vita. Murano contava quattro parrocchie: San Donato, Santo Stefano, San Martino e San Salvador e 17 tra chiese e monasteri. Di fronte alla fondamenta Venier sorgeva perfino il primo seminario patriarcale, nel perimetro del monastero di San Cipriano sulle cui ceneri si erge una vetreria. Fino al boom economico si contavano decine di vetrerie e migliaia di operai. In fondamenta Navagero trovava sede perfino una fabbrica di ceramiche, mentre in zona Museo le Conterie sfornavano perle in quantità industriali. L'isola era disseminata di negozi di vicinato: basti pensare che nella sola calle del Convento c'erano alimentari, macellai, torrefazioni, una latteria, ortofrutta, una pasticceria e un bar. Di tutto questo, nell'intera isola oggi resiste solo un ortofrutta, un alimentari, una macelleria e due panifici. E poi, come ricorda Gianni Moretti, non mancava il divertimento: tre cinema e due teatri con tanto di compagnie teatrali, il festival canoro Coppa Murano, la sala da ballo Unidover (Uniti nel dovere), che si trovava di fronte alla fondamenta Santi e per accedervi era stato costruito perfino un ponte di legno.
«Dagli anni 90 molte fabbriche sono diventate cattedrali nel deserto e al loro posto sono sorti molti hotel e b&b conclude Toso Borella Murano ha subito l'internazionalizzazione della domanda e ha costruito una nuova offerta a scapito di ciò che produceva, ossia oggetti unici, conosciuti e ammirati in tutto il mondo. Ritengo si debba dire sì alle trasformazioni, ma fino a un certo punto, mantenendo la nostra identità, continuando a lavorare il vetro di Murano a Murano, che sembra una stupidaggine, ma non è così. La storia è realtà e lavorare il vetro è un grandissimo onore, dobbiamo riuscire a dire ai giovani che di architetti e designers (con il massimo rispetto) è pieno il mondo, ma di chi crea il vetro no».
 

Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 15:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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