Muore dopo la visita al Pronto soccorso, risarcimento da 650mila euro

La donna di 56 anni è deceduta nel giugno 2018: tornata a casa dall'ospedale si era aggravata

Martedì 8 Novembre 2022
Muore dopo la visita al Pronto soccorso, risarcimento da 650mila euro
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CHIOGGIA - Seicentocinquantamila euro di risarcimento ai familiari ed eredi di B.M.R. una donna di 56 anni deceduta dopo essere stata presa in carico al pronto soccorso dell'ospedale di Chioggia. E' la cifra, concordata tra le parti, che l'Ulss 3 ha accettato di pagare dopo il ricorso con cui il marito e i figli della deceduta sollevavano perplessità sulle cure cui la donna era stata sottoposta. La vicenda risale al giugno 2018. La donna si era presentata al pronto soccorso di Chioggia con i sintomi di un'ernia iatale: difficoltà di deglutizione, bruciore di stomaco, nausea, ecc. Un quadro che, nei casi più gravi, può portare a emorragia interna e richiedere un intervento chirurgico. Ma, probabilmente, questo non era il caso della 56enne che, dopo l'accesso al pronto soccorso, era stata dimessa. Pochi giorni dopo, però, si era riaggravata e, salita sull'ambulanza che la stava portando in ospedale, era deceduta lungo il tragitto. I familiari, temendo che vi fosse stata qualche sottovalutazione dei sintomi, si erano rivolti all'avvocato Simone Vianello, per ottenere chiarimenti sulle terapie prestate alla loro congiunta ed, eventualmente, accertare le responsabilità di chi l'aveva avuta in cura. L'età ancora giovane della donna e la coincidenza temporale con l'accesso al pronto soccorso, potevano far pensare che ai sanitari fosse sfuggito qualcosa che, se visto per tempo, avrebbe potuto salvarle la vita. Il ricorso era stato presentato a norma dell'articolo 696 bis del Codice di proceduta civile che prevede l'esecuzione di una consulenza tecnica preventiva «ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito». Il consulente, però, prima del deposito della relazione, «tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti». E questo è quanto avvenuto nel caso specifico.
La compagnia assicuratrice (Sham Societé Hospitalière d'Assurances Mutuelles) ha trattato per conto dell'Ulss 3 e ha proposto un risarcimento, appunto, di 650mila euro. Tale cifra è stata, poi, ritenuta congrua sia dall'Ulss 3, tramite il Comitato valutazione rischi aziendale, che dai ricorrenti. Il risarcimento, però, sarà interamente a carico dell'Ulss 3, poiché il contratto assicurativo con la Sham (che copre la responsabilità civile verso terzi per tutte le Ulss regionali) prevede una franchigia di 750mila euro: ovvero la Sham paga soltanto gli indennizzi che superano quella cifra, mentre quelli inferiori vengono pagati direttamente dalle Ulss interessate. La cifra è cospicua ma l'avvocato Vianello precisa che «essa andrà suddivisa tra i tre familiari i quali non intendono commentare la vicenda».
Del resto, trattandosi di una transazione conclusa prima dell'intervento del giudice, non vi è, dal punto di vista tecnico, il riconoscimento di alcuna responsabilità dei sanitari nel decesso della 56enne che va collocato, quindi, soltanto temporalmente, e non causalmente, tra i seguiti dell'accesso al pronto soccorso.

 

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