«Venezia 77, il laboratorio che tutto il mondo ci invidia». Un solo attacco: dai francesi

Mercoledì 9 Settembre 2020 di Alda Vanzan
l'attrice Ambra Lombardo
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Edizione «test», edizione «laboratorio»: comunque la si definisca, Venezia77 va. «Il mondo ce la invidia, in molti ci chiedono la formula», dice il presidente della Biennale Roberto Cicutto. E fa niente se, tra i tanti elogi arrivati dalla stampa internazionale, l'unico attacco è dei francesi: Una mostra amorfa in clima di alta sicurezza sanitaria, ha scritto Le Monde. «È un giudizio critico, ce ne sono tanti di positivi», taglia corto il direttore della Mostra Alberto Barbera, alla sua ultima edizione dopo otto festival consecutivi, a meno di una (probabile) riconferma. E Cicutto: «Fare il paragone con le Mostra del passato è impossibile. Però abbiamo tutte prime mondiali. Solo il tappeto rosso è metafisico, alla De Chirico». 
Al giro di boa di Venezia77, il primo grande evento mondiale in presenza ai tempi del coronavirus, Cicutto e Barbera tracciano un bilancio provvisorio. A partire dall'assenza di casi positivi al Covid: tutti i tamponi finora eseguiti (a spese della Biennale) ad attori e registi provenienti da Paesi dell'area No Schengen sono risultati negativi. «Nessuna allerta - rassicura Cicutto - C'è stata solo una persona bloccata ai varchi perché aveva la febbre, dopodiché, fatti i controlli, non le hanno trovato niente».
I NUMERI
Il pianto greco sarà sulle entrate, ma si sapeva che Venezia77 non avrebbe potuto reggere il confronto con gli anni passati per via delle regole sul distanziamento sociale che hanno ridotto i posti a sedere (da 6.000 a 4.500) e, soprattutto, per l'impossibilità di arrivare da tanti Paesi esteri. Rispetto ai 12.000 accreditati della scorsa edizione, quest'anno a ritirare fisicamente la tessera sono state 5.000 persone, il 45 per cento. I biglietti venduti (dato aggiornato a ieri) sono stati 20.000; l'anno scorso, a festival finito, 82.000. Sono presenti al Lido 1.300 giornalisti di cui 850 italiani e 450 stranieri, nessuno da Usa, Cina, Brasile, Russia (ma la presenza delle testate giornalistiche, dicono in Biennale, è globale grazie ai corrispondenti europei). L'occupazione delle sale è al 50% dei posti disponibili, ma mancano i dati del Rossini a Venezia e del Candiani a Mestre. Sta andando benissimo la sezione VR, quella della realtà virtuale che fino allo scorso era nell'isola del Lazzaretto Vecchio e che stavolta è usufruibile on line o in presenza grazie a 15 musei in giro per il mondo: 8.000 visualizzazioni al giorno. E, paradossalmente, non sta andando bene la Sala Web allestita al Lido da alcuni anni, segno che gli accreditati dopo tanto lockdown e visioni in streaming, preferiscono entrare in sala.
UNA SANZIONE
Al netto della situazione sanitaria, il prossimo anno il festival veneziano potrebbe recuperare, aggiustare o eliminare del tutto alcune delle regole introdotte per il Covid. Ad esempio: la prenotazione obbligatoria. Se sarà così (Barbera: «Vedremo, a tanti la prenotazione è piaciuta, bisognerebbe fare una App»), si dovrà sanzionare sul serio chi prenota, non si fa vivo e non cancella, fenomeno che per Venezia77 è stimato sull'8-10 per cento. Il caso limite: un tizio nei primi tre giorni di Mostra si è prenotato a 48 film, ma si è presentato in sala solo per 6, senza cancellarsi. «Gli abbiamo sospeso l'accredito per 24 ore».
I COSTI
Minori entrate da biglietti e abbonamenti, ma maggiori costi per far fronte all'emergenza sanitaria, compresi quelli per i tamponi: circa 200 quelli disposti finora dalla Biennale, a 60 euro l'uno, all'aeroporto sia all'arrivo che in partenza con personale infermieristico e collegamento con laboratori accreditati così da mandare i referti in automatico all'Ulss e alla Regione del Veneto. «Il sistema del tracciamento è applicato rigorosamente così come i richiami da parte del personale per chi non indossa la mascherina correttamente - dice Cicutto - E l'aspetto confortante è che la gente si è abituata in fretta e collabora».
LA POLEMICA
Barbera non intende copiare Berlino che ha abolito i premi di genere: «Capisco le ragioni, ma non so se sia una risposta adeguata. Il rischio è di ridurre le possibilità e anche di creare nuove polemiche: se premi un uomo ti chiedono perché non hai premiato una donna e viceversa». Semmai, Barbera si è arrabbiato per l'attacco di Variety sulla mancata presenza nella giuria di Cate Blanchett di un uomo, o donna, di colore: «L'ossessione americana del politicamente corretto, ma quest'anno era difficile viaggiare».
 
Ultimo aggiornamento: 14:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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