«Non solo lo stop all'acqua alta. Il Mose aiuterà l'ecosistema della laguna»

Lunedì 12 Ottobre 2020 di Elisio Trevisan
Tecnici e operatori in control room durante una delle prove del Mose

VENEZIA - Quelli che profetizzano una laguna uccisa dal Mose che, in pratica, sollevandosi sempre più spesso a causa dell’aumento delle maree eccezionali, la trasformerà in uno sterile stagno, non hanno fatto le misure e i conti che, invece, hanno effettuato i volontari della Consulta della laguna media e che ha poi elaborato l’ingegnere idraulico Giovanni Cecconi, fondatore di Wigwam Venezia, il laboratorio per la resilienza nella salvaguardia della città d’acqua e in pensione dal Consorzio Venezia Nuova per il quale era responsabile della control room del Mose. 
I DATI Da quelle analisi vien fuori che il Mose, al contrario, è «una straordinaria opportunità per salvare, oltre che Venezia, la laguna, che i veneziani per secoli hanno curato, modificando il corso dei fiumi e costruendo difese dal mare» spiega Cecconi che, assieme agli altri volontari, era sul campo a misurare anche sabato scorso quando le 78 paratoie sono state sollevate per la prima volta in presenza di alta marea importante, oltre i 130 centimetri. L’idea di base è un po’ quella delle valli da pesca che, per altrettanti secoli, hanno consentito di allevare pesce e fornire cibo fresco ai veneziani e alla terraferma. Un Mose multiuso, dunque, che non serve solo per tenere all’asciutto Venezia ma anche per bagnare la sua laguna. Già nel 2012 Cecconi aveva coordinato uno studio generale con modelli matematici per esaminare le possibili gestioni del Mose, in aggiunta alla regolazione dei flussi mareali con chiusure parziali. Che cosa si può fare, dunque? «Garantire il ricambio delle acque per ridurre il rischio di crisi anossiche (la mancanza di ossigeno) - elenca l’ingegnere - Si possono effettuare manovre parziali delle paratoie, chiudendo ad esempio solo la bocca di Lido e lavando la città con acqua di Malamocco che esce dal Lido; e, ancora, il Mose consente manovre antierosione e di ripascimento delle barene e protezione dei canali con guide laterali». Che significa “guide laterali”? «Mantenendo basso il livello in presenza di vento di bora, non solo si contrasta l’erosione del fondale e delle barene ma si incentiva anche la deposizione di sedimenti e l’accrescimento in barena evitando che vengano dispersi in mare». Manovrando opportunamente il Mose, sfruttando colonne d’acqua e flussi di aria dal fondo che nessuno vede ad occhio nudo ma che ci sono «e muovono quantità enormi di energia, si può inoltre ridurre il rischio d’ingresso di inquinanti, plastiche galleggianti e sostanze organiche in eccesso in laguna o in mare svernati dai fiumi o, al contrario, facilitare la raccolta di inquinanti in laguna preservando l’habitat di barene e valli da pesca».
Eppure dopo che il Mose per la prima volta ha ridotto un’alta marea di 132 centimetri a 72 c’è ancora chi sostiene la sua inutilità, o addirittura pericolosità, e che comunque l’innalzamento dei livelli del mare lo renderà inutile già tra 50 anni invece dei 100 previsti. «Anche se fosse così, cinquant’anni all’asciutto consentono di studiare, programmare e realizzare nuovi interventi come fanno costantemente in Olanda. In fondo quel che sto sperimentando ora non è una novità, già nel 1960 Walter Munk, oceanografo dello Scripps Institute di San Diego soleva dire “che la luna scopi la laguna”». Già nel 1960, insomma, un americano sosteneva che, con manovre differenziate di barriere mobili alle bocche di porto, si può sfruttare il dislivello di marea per produrre una circolazione forzata in grado di ricambiare acqua lagunare con acqua di mare, eliminando i ricircoli che si formano quando la laguna inspira pressoché la stessa acqua che ha espirato nella fase di marea di sei ore prima. «E per ottenere lo stesso risultato sarebbe necessario un enorme e costoso sistema di pompe che consumano e inquinano».
Munk è morto l’anno scorso a 101 anni, a chi bisogna rivolgersi per far sì che il Mose multiuso operi davvero? «Nella gestione quotidiana della cosa pubblica purtroppo si è persa la capacità della programmazione. Intanto si potrebbe cominciare dal basso creando all’interno della nuova Agenzia per la laguna la figura dell’ambasciatore che entra e vede tutto della stanza dei bottoni per informare ed essere informato. Così i catastrofisti imparerebbero ad essere più ottimisti e gli ottimisti avranno più possibilità di agire».

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