Scandalo Mose, ultimo atto: l'ex sindaco di Venezia Orsoni "prescritto"

Venerdì 23 Ottobre 2020 di Nicola Munaro
Scandalo Mose, ultimo atto: l'ex sindaco di Venezia Orsoni "prescritto"
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VENEZIA Più di sei anni dopo il cerchio si è chiuso.

Il 4 giugno 2014 un terremoto giudiziario scuoteva Venezia e il Veneto con gli arresti illustri voluti dal pm veneziano Stefano Ancilotto per disvelare la tessitura di tangenti che fino allora aveva accompagnato la realizzazione del Mose, le dighe mobili destinate a salvare la città dalle acque alte ed entrate in funzione - gioco del destino - poche settimane prima che mercoledì notte la Corte di Cassazione mettesse la parola fine allo scandalo più importante nella storia della pubblica amministrazione in Veneto. E, tra prescrizioni (Erasmo Cinque) e respingimenti di ricorsi (Giorgio Orsoni e Nicola Falconi), confermasse l'impianto della procura, l'Appello, i risarcimenti e le confische.

Lo scandalo Mose

Tra gli arrestati di quell'alba nera, l'allora sindaco di Venezia, l'avvocato Giorgio Orsoni, finito ai domiciliari poi revocati. E, dall'altra notte, prescritto senza che venisse accolta la richiesta del suo legale, Francesco Arata, e della stessa procura generale di portare il caso e l'accusa sul banco della Corte Costituzionale. O, in subordine, assolvere l'ex inquilino di Ca' Farsetti perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Reato prescritto per Orsoni


Orsoni era accusato di finanziamento illecito ai partiti per aver ricevuto 250 mila euro per la sua campagna elettorale del 2010 dall'allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati. Un'accusa sostenuta con forza dai pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini ma sempre contestata dalla difesa dell'ex sindaco proprio perché la norma che regola il finanziamento illecito ai partiti parla di candidati consiglieri e non sindaci. Su questo si fondava il ricorso agli Ermellini da parte di Orsoni. I giudici supremi però si sono attenuti a quanto deciso in tribunale a Venezia sia in primo che in secondo grado. In entrambi i casi, dopo aver accertato che Orsoni aveva ricevuto quel denaro in nero da Mazzacurati, entrambi i tribunali veneziani avevano dichiarato il reato prescritto. Il ragionamento dei giudici di merito si basa sul fatto che il candidato sindaco corre sempre per diventare consigliere comunale, figura esplicitamente citata nella legge sul finanziamento illecito. Tesi sposata anche dalla Cassazione, che ha così estinto il reato, senza chiedere un parere alla Corte Costituzionale o entrare nel merito dell'accusa. Lapidario il commento dell'allora sindaco di Venezia. «Sono esterrefatto, la Cassazione non è un giudice del diritto. Alla fine dovremmo andare a Strasburgo per avere la corretta interpretazione della norma».

Prescrizione anche per l'imprenditore romano Erasmo Cinque, titolare della Socostramo, condannato a 4 anni di reclusione per corruzione. Nonostante la prescrizione gli eviti il carcere, il Palazzaccio ha confermato sia la confisca di ben 9 milioni di euro in favore dello Stato sia i risarcimenti al Comune di Venezia (950mila euro) e alla Città metropolitana di Venezia (275mila euro). Secondo l'accusa, Cinque aveva ottenuto in affidamento lavori per il disinquinamento di Porto Marghera senza nessuna gara, grazie all'allora ministro all'Ambiente Altero Matteoli, condannato a sua volta a conclusione del processo di primo grado e deceduto prima dell'Appello. Rigettato il ricorso dell'imprenditore veneziano Nicola Falconi, ex presidente dell'Ente gondola, per il quale la Corte d'appello ha già dichiarato la prescrizione della corruzione. Prima dell'udienza, Falconi ha risarcito Comune e Città metropolitana con 60 mila euro. Inammissibile, infine, il ricorso dell'avvocato romano Corrado Crialese, che si è visto confermare la pena di 1 anno e 8 mesi per millantato credito.

«Siamo molto soddisfatti perché sono state acclarate le responsabilità penali e confermate le statuizioni civili così come le confische - commenta l'avvocato Paola Bosio, legale di parte civile per il Consorzio Venezia Nuova - La prescrizione non tocca il merito dell'accusa ed è simbolica la coincidenza della fine del processo con l'entrata in funzione del Mose». «C'è soddisfazione - fa eco il legale di parte civile di Comune e Città metropolitana, l'avvocato Luigi Ravagnan - È stato confermato l'Appello e accertate le responsabilità di ognuno. È chiaro ora come sia illecito che un candidato sindaco prenda dei soldi in nero. Mi auguro ora che questi signori prendano esempio da Falconi e diano vita a un'iniziativa per ristorare pro quota il Comune che ha subito un danno d'immagine immenso dagli illeciti».

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