Mose, lo scandalo dilaga: mazzetta da
50mila euro al "tesoriere" del Pd Marchese

Venerdì 26 Luglio 2013 di Monica Andolfatto
Savioli fotografato dalla Finanza
VENEZIA - Una "mazzetta" da 50mila euro. A consegnarla in contanti in occasione della campagna elettorale del 2010, il "solito" Pio Savioli, sorta di uomo-bancomat dei fondi neri. Ci sono le prove: documenti e intercettazioni. Tutto nel maxi-fascicolo, disseminato da parecchi omissis, dell’inchiesta lagunare, che ha travolto il Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per la realizzazione del Mose. È uno degli episodi che chiamano in causa Giampietro Marchese, esponente di spicco del Pd veneto, consigliere regionale ripescato di recente a Palazzo Ferro Fini primo fra i non eletti, presidente di Ames, la società che raggruppa le farmacie comunali di Venezia, ed ex segretario organizzativo del partito, nonché responsabile della Fondazione Rinascita, proprietaria di tutte le sedi del vecchio Pci-Pds-Ds-Pd per un patrimonio calcolato in quasi tre milioni di euro.



E non sarebbero gli unici soldi che Marchese avrebbe incassato nell’ambito dei finanziamenti illeciti di cui è costellata la dettagliata informativa firmata dal colonnello Renzo Nisi, comandante del Nucleo di Polizia tributaria delle Fiamme gialle di Venezia. I quattrini da dispensare, a destra e a manca, arrivano dalle consorziate del Cvn, anche quelli per Marchese.



E una delle più attive sul fronte risulta essere la Cooperativa San Martino di Chioggia, vera e propria banca parallela per Savioli e compagni al quale vengono consegnati almeno 600mila euro nel solo biennio 2005-2006: e guarda caso è dalla verifica fiscale alla San Martino che scoppia lo scandalo Cvn.



Il nome di Marchese spunta anche nella trascrizione di quanto registrato dalla microspia installata dai finanzieri nell’ufficio di presidenza del Coveco uno dei soci pesanti di Cvn. È l’8 giugno del 2011 e il dialogo riportato è fra Franco Morbiolo, capo del Coveco, e Marchese. Il tema affrontato è l’appalto "pilotato", quello che di fatto ha portato all’arresto con l’accusa di turbativa d’asta, fra gli altri del "monarca assoluto" del Cvn, Giovanni Mazzacurati, e anche di Savioli, componente del cda di Cvn e collaboratore di Coveco.



Una gara indetta in tre stralci dall’Autorità portuale di Venezia per lo scavo di canali di navigazione con importo totale 12 milioni e mezzo di euro. Una gara che, su disposizione di Mazzacurati, deve essere vinta dalle piccole imprese con un ribasso molto al di sotto del 50-54% mediamente applicato, e da cui le grandi imprese impegnate nel Mose devono astenersi, compresa la Mantovani di Piergiorgio Baita, finito in carcere lo scorso 28 febbraio per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale.



Ma Morbiolo ha disubbidito agli ordini, partecipando al secondo stralcio e scatenando le ire di Mazzacurati che è "arrabbiatissimo" e minaccia ritorsioni. Di questo parlano i due, l’imprenditore e e il politico. Con Marchese, quindi a conoscenza della combine, che concorda sul fatto che "Mazzacurati pensa di essere onnipotente e pensa di fare tutto".



Mazzacurati, che ieri per due ore è stato a colloquio con il sostituto procuratore Paola Tonini, titolare dell’inchiesta, avrebbe deciso di collaborare, lui che viene definito dalla stessa pm "il grande burattinaio". E non solo del Cvn che gestisce un’opera faraonica dal costo finale stimato in sei miliardi e mezzo di euro, bensì dello scenario politico ed economico della regione.



Fra i suoi fedelissimi Savioli, impegnato a ritirare e recapitare i soldi per creare il consenso generalizzato necessario a non disturbare il manovratore: nella foto della Finanza del maggio 2011 che pubblichiamo in prima pagina, sta scendendo dall’Audi A5 di Stefano Tomarelli (altro consigliere Cvn) e tiene stretta la borsa nera da cui non si separa mai.
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 21:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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