Venezia, Mose: indagine sui super premi. «La Procura contabile indaga sugli incentivi per i dirigenti»

Mercoledì 17 Agosto 2022 di Roberta Brunetti
Venezia, Mose: indagine sui super premi. «La Procura contabile indaga sugli incentivi per i dirigenti»
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VENEZIA - Indagine contabile sugli incentivi previsti per i dirigenti del Provveditorato alle Opere pubbliche del Triveneto, l’ex Magistrato alle acque di Venezia, che si sono occupati di Mose e salvaguardia lagunare.

Premi consistenti, in parte già pagati, in parte congelati. Ora la Guardia di Finanza ha chiesto di prendere visione del quadro completo. Gli uffici di Palazzo dei X Savi, storica sede del Magistrato alle acque, stanno preparando tutta la documentazione richiesta. La Procura della Corte dei conti vuole accertarsi che questi incentivi sia dovuti, che non ci sia invece un danno per l’erario.

Mose, indagine sui super premi

Questione annosa, già al centro di una causa, che qualche anno fa aveva confermato la legittimità dei super-premi per i dipidenti. Il caso più eclatante è quello dell’ingegner Giampietro Majerle, già vice presidente del Magistrato alle acque, in pensione ormai da anni, a cui era stato riconosciuto un premio di 4 milioni per la sua attività di rup (responsabile unico del procedimento) del Mose. Premio versato solo in parte, poi congelato. Nei mesi scorsi Majerle aveva chiesto il pagamento dei restanti 3 milioni e 100 euro. Il Provveditorato, però, sentito il ministero, si è opposto all’ingiunzione di pagamento, in quanto la cifra supererebbe il tetto previsto per i dipendenti pubblici. Ed ecco i nuovi accertamenti in corso.

La Guardia di Finanza, su mandato dalla Procura contabile, ha chiesto di prendere visione della documentazione relativa a tutti gli incentivi legati ai lavori di salvaguardia. Al rup del Mose era stata riconosciuta la fetta di premio più ampia, mentre a chi aveva collaborato alla sua attività incentivi minori. Numeri importanti perché calcolati in proporzione al valore dell’opera. Introdotti da una legge del ‘94, i premi erano stati ridimensionati vent’anni dopo da un’altra norma, all’indomani dello scandalo Mose. Qualche anno fa la Corte dei conti aveva anche avanzato un rilievo sulla legittimità di questi incentivi e a quel punto lo stesso Provveditorato ne aveva chiesto la restituzione ai dipendenti. Ma gli interessati avevano fatto causa in Tribunale, che gli ha dato ragione anche in appello. Si è arrivati così all’ingiunzione di pagamento, all’opposizione, fino all’intervento della Guardia di Finanza. Materia controversia, insomma, che non è ancora definitivamente chiarita.

Sullo sfondo resta il tema dei tanti soldi che ruotano attorno alla grande opera (il costo finale del Mose supererà i 6 miliardi e mezzo) e dei tanti appetiti che hanno generato e nutrito. Quelli illegittimi, legati alla corruzione, scoperchiata dall’inchiesta, ma anche quelli legittimi. Oltre agli incentivi per i dipendenti pubblici, i costi dei vari commissari, dei numerosissimi consulenti. L’ultima polemica estiva è stata quella legata proprio al compenso del commissario liquidatore del Consorzio Venezia Nuova, Massimo Miani. Sulla base delle percentuali legate al valore delle società che è stato chiamato ad amministrare, oltre a Cvn Comar, aveva chiesto al ministero un compenso di 5 milioni. Il suo impegno, iniziato a fine 2019, dovrebbe concludersi nel 2025. Cifra in linea con la normativa prevista per le amministrazioni giudiziarie, a cui però il Parlamento ha ora messo un tetto. I 5 milioni dovrebbero scendere a uno e mezzo.
Sul tema della sproporzione tra i compensi dei vari attori in campo per il Mose, era intervenuta, nei giorni scorsi, anche l’ex provveditore Cinzia Zincone, sospesa un anno fa dall’incarico e per questo in causa con il ministero. «La differenza di stipendio tra un funzionario pubblico e un privato pagato con i soldi pubblici è abissale - aveva scritto sul suo profilo Facebook - alimenta la corruzione, anzi la genera».

Ultimo aggiornamento: 07:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA