Gli Usa copiano il Mose: a Houston sarà pronto in 3 anni e costerà 40 miliardi di euro

Sistema di dighe mobili per proteggere la città in Texas da catastrofi come l'uragano Katrina

Lunedì 20 Febbraio 2023 di Raffaella Vittadello
Un sistema di dighe mobili, a scomparsa, simile al Mose per proteggere la città di Houston, in Texas, da eventi catastrofici come l'Uragano Katrina, che nel 2005 seminò morte e distruzione sulle coste americane.

VENEZIA - Un sistema di dighe mobili, a scomparsa, simile al Mose per proteggere la città di Houston, in Texas, da eventi catastrofici come l'Uragano Katrina, che nel 2005 seminò morte e distruzione sulle coste americane. Sta per essere lanciato un bando di progettazione da 765 milioni di dollari per realizzare un sistema di difesa adattabile alla baia di Galveston, che si affaccia sul golfo del Messico: obiettivo è quello di arrivare, nel giro di sette-otto mesi, alla scelta delle proposte che si aggiudicheranno una partita che vale 43,5 miliardi di dollari (circa 40 miliard di euro) per l'opera complessiva. Si conta che materialmente gli interventi potrebbero essere conclusi in tre anni, per arrivare alla consegna alla comunità texana nel 2028. E il prototipo americano potrebbe essere applicato ad altre città a rischio inondazione ed erosione, come New York, Boston e San Francisco.

Un progetto, quello del Mose americano, che parla un po' italiano. Massimo Ciarla, ingegnere idraulico romano che vive tra l'Italia e gli States, segue da una trentina d'anni le vicissitudini del Mose veneziano. Nel 1993-95, con la Maccaferri Group, si è occupato degli studi preliminari alla posa delle barriere del Mose, collaborando con il Consorzio Venezia Nuova, e ha analizzato i fondali marini a monte e a valle di dove sarebbero state installate successivamente le schiere di acciaio.

Oggi Ciarla è presidente e amministratore delegato della Tiber International Group Inc, direttore della Mc5 Consulting group e sarà in lizza per la realizzazione della gigantesca opera oltreoceano.

«L'Uragano Katrina, nel 2005, uno dei più gravi della storia americana con oltre 1800 vittime e danni per 125 miliardi di dollari, ha segnato un punto di svolta sia per la consapevolezza dei rischi legati ai cambiamenti climatici, sia per l'impegno di contrastare questi mutamenti con opere pubbliche adeguate - spiega l'ingegner Ciarla - in Usa si è cominciato ad analizzare quali fossero le opere di difesa più efficaci in giro per il mondo. Furono passate in rassegna le chiuse dei Paesi Bassi, la diga sul Tamigi e quella di San Pietroburgo, e il Mose di Venezia. E del Mose è piaciuta l'idea che l'opera sia praticamente invisibile. Le barriere scompaiono sott'acqua quando non sono attive. Non è un aspetto da poco, anche dal punto turistico. Va coniugata l'efficacia con l'impatto ambientale. Anche morfologicamente Venezia, fatte le debite proporzioni, potrebbe ricordare la conformazione delle baie americane. Fare una diga a scomparsa a Manhattan, non è come fare una muraglia che si vede».

I FONDI
Parliamo di soldi. Il Mose costerà più di sei miliardi di euro. A Houston sono già stati stanziati oltre 43 miliardi di dollari.
«Sembrano tanti, i 6 miliardi di euro del Mose, ma non dobbiamo dimenticare che sono stati anche l'occasione per rivitalizzare la laguna, per fare opere importantissime di difesa lungo i litorali. Oggi è migliorata la qualità dell'acqua, è diminuito l'inquinamento, e Venezia è finalmente difesa dalla marea. Gli americani sono molto pragmatici e puntano al risultato - prosegue Ciarla - I meccanismi di approvazione dei progetti sono più rapidi. Le risorse vengono stanziate a livello centrale, poi gli stati federali hanno abbastanza autonomia. A controllare tutto il processo c'è l'omologo americano dell'ordine degli ingegneri. Ma è la mentalità che è completamente diversa. La società americana si basa sul credito che viene concesso alla persona. Uno entra in un concessionario e si compra uno yacht. Dal mese successivo inizia a pagarlo. Se non paga, la banca gli ritira la carta di credito, e non avrà più vita facile. Così le imprese che frodano vengono inserite in una black list e hanno finito di lavorare».

Insomma, un meccanismo un pizzico diverso da quello italiano: il capitolo delle bufere giudiziarie che hanno rallentato i cantieri e ingoiato milioni finiti in tangenti non hanno turbato l'ammirazione americana nei confronti del progetto italiano?
«In America si guarda al risultato finale: il Mose funziona, a un costo accettabile. Anche a New York l'obiettivo è quello di replicare un Mose entro il 2030 che duri almeno un centinaio di anni. Anche se la manutenzione sarà molto più impegnativa e onerosa che a Venezia. Non dimentichiamo che gli uragani, quando arrivano, hanno una forza devastante e potrebbero danneggiare parte dell'opera stessa. In alcuni casi sono state raggiunte onde di otto metri e mezzo. Ma contemporaneamente questi "Mose" preserveranno i litorali. Chi si aggiudicherà la realizzazione dell'opera dovrà produrre anche un accurato piano di manutenzione. Che in parte sarà finanziato anche dai turisti stessi, con una specie di tassa di soggiorno che viene imposta quando visitano le località balneari».

L'ALLARME
La settimana scorsa il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres di fronte al consiglio di Sicurezza, ha lanciato l'allarme di un «esodo di massa di intere popolazioni su scala biblica, con una competizione sempre più agguerrita per l'acqua dolce, la terra e altre risorse».
«Non dimentichiamo che il 70 per cento della popolazione mondiale vive lungo le coste - conclude Ciarla - e abbiamo il dovere di preservarle da scenari apocalittici».

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Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 10:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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