Un nuovo cervello per il Mose ma i computer sono già vecchi

Sabato 21 Dicembre 2019 di Raffaella Vittadello
VENEZIA L'attuale control room del Mose alle tese dell'Arsenale
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VENEZIA È nata nel cuore del Cadore, a Santo Stefano, l’impresa che ha progettato il “cervello” del Mose. Un appalto-lampo, nel marasma di intoppi che hanno rallentato un’opera iniziata 16 anni fa e non ancora conclusa. Tanto che nel frattempo la tecnologia utilizzata è diventata ormai vecchia, i computer della sala operativa sono del 2010 e dovranno essere completamente sostituiti. 

La Dba Lab e la Dba Progetti, in associazione con il colosso delle telecomunicazioni Fastweb, si sono aggiudicate solo a dicembre dell’anno scorso la gara da sei milioni per la realizzazione dei “gemelli digitali” delle procedure del Mose e hanno quasi finito il lavoro. Anche se di fatto la control room è ancora un cantiere: ipotizzata davanti alla fermata dei Bacini dell’Arsenale, è stata riprogettata all’interno di una delle Tese per avere più spazio e la realizzazione è prevista per il 2020. Dunque la Dba, di suo, ha concluso quanto di propria competenza, ora le restano la manutenzione dei sistemi informatici e la garanzia da eventuali “bug” (anomalie o errori) per cinque anni. Mentre l’allestimento vero e proprio e l’infrastrutturazione con quanto necessario, sarà a cura di Fastweb.
Ne parla il presidente della Db Group, Francesco De Bettin, ingegnere e fondatore, insieme ai suoi tre fratelli che sono un altro ingegnere e due architetti, di un’azienda che conta ormai 650 addetti, quotata in borsa da due anni, attiva dal 1991.
Ingegnere, avete progettato i gemelli digitali del Mose, che cosa sono?
«Si tratta della copia virtuale del procedimento reale su cui si basa il funzionamento di un dispositivo, sulla quale si possono effettuare dei test per migliorare il funzionamento delle apparecchiature. Ad esempio in un aereo i gemelli digitali vanno dall’interruttore che il pilota schiaccia per aprire la cabina all’ultimo che spegne quando il volo si conclude. Così anche noi abbiamo catalogato tutto, nei processi di utilizzo della grande opera, utilizzando e predisponendo tre diversi database. Una gara lungimirante: con piccoli “aggiornamenti” questa tecnologia potrà tenere per i prossimi cinquant’anni. Potrà solo diventare più veloce nei calcoli e nelle prestazioni».
Ingegnere, Lei è rimasto affascinato dal Mose.
«È una delle migliori opere di ingegneria idraulica mai viste, complessa ma anche estremamente semplice, perché sfrutta il principio di Archimede. Mette in campo la creatività umana, il rispetto dell’ambiente e la capacità di fare. Perché è inutile paragonare Venezia alle città olandesi che si affacciano sull’Atlantico e che si sono basate su sistemi diversi. Qui il rispetto per l’ambiente doveva essere totale, Venezia è una meraviglia mondiale troppo preziosa per riempirla di calcestruzzo».
La Dba ha lavorato a fianco di Fastweb, che ha fatto la parte del leone dal punto di vista economico della commessa.
«Sui sei miliardi, cinque erano destinati a loro. Ma è stata una collaborazione gratificante, da cui abbiamo imparato molto e siamo riusciti a rispettare il cronoprogramma. Tre i data base su cui si basa la control room: un centro elaborazione dati principale, uno di back up, ovvero di “copia” per da recuperare nel caso di danneggiamento del primo e un terzo di “disaster recovery”, cioè un terzo livello di sicurezza nel caso di gravi irregolarità che attacchino i primi due. E che rispondono ai più elevati standard informatici internazionali.
Come sarà la control room?
«In realtà saranno tre sale distinte. Una guiderà il processo decisionale, se alzare o meno le paratoie, una quello operativo, e una terza che sarà una specie di sala riunioni tra tutti i soggetti interessati. In particolare abbiamo messo a punto un software di supporto alle decisioni che permette di valutare in emergenza una moltitudine di soluzioni possibili, ordinandole in base alla convenienza, valutandone i pro e i contro sulla base di velocissimi calcoli statistici. Poi a prendere l’ultima decisione rimane sempre l’uomo. Non ci saranno solo telecamere di controllo e impianti di sicurezza. Gli schermi prevedono la rappresentazione tridimensionale di quello che avviene nella realtà e l’operatore che sta davanti al pc avrà a disposizione tutti i dati in tempo reale. Al progetto hanno lavorato una ventina di persone, tutte italiane, tra le province di Padova e Treviso. E anche dal nostro laboratorio a Lecce».
Perché la Dba ha realizzato un progetto in Puglia in cui doveva assumere 5 persone e alla fine ne ha prese 27. Come mai?
«Lì c’è meno richiesta e più domanda, troviamo ragazzi più bravi perché la scelta è su un numero maggiore. Non che da noi non siano bravi, ma qui i migliori ce li contendiamo tra aziende, e loro alzano le pretese. Fanno bene perché valgono. Dei nostri 650 dipendenti tutti sono come minimo diplomati, e almeno 400 sono laureati in ingegneria o informatica. Così sono stati rispettati i protocolli di cyber sicurezza internazionali che permetteranno l’accesso alle procedure anche con credenziali anche biometriche appositamente studiate».
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