VENEZIA - I professori dell’Università di Padova Alberto Barausse e Carlotta Mazzoldi con il dottor Filippo Piccardi, insieme alla dottoressa Federica Poli della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Genova, sono intervenuti sul caso della scomparsa delle moeche dalla Laguna di Venezia, precisando come le cause, che hanno portato a tale fenomeno, siano da imputare certamente all’innalzamento delle temperature, dovuto al cambiamento climatico, e all’arrivo in Laguna delle noci di mare, ma non di certo alla pesca selvaggia come ipotizzato da Chiara Pavan, chef del ristorante Venissa a Mazzorbo, che aveva lanciato l’allarme.
Scomparsa delle moeche: le cause
Queste cause erano già emerse infatti da uno studio pubblicato dieci anni fa da un gruppo di ricercatori dall’ateneo patavino. La ricerca evidenzia come il granchio verde, da cui si selezionano in fase di muta le moeche, nonostante sia una specie tollerante all’acqua calda in età adulta, sia però particolarmente vulnerabile alle ondate di calore nei suoi primissimi stadi vitali. La sempre maggior frequenza di fenomeni di caldo estremo, dovuti al cambiamento climatico, rappresenta dunque la prima causa della diminuzione degli esemplari di questa specie. All’innalzamento delle temperature si somma poi un altro aspetto che interviene a modificare l’ecosistema lagunare, habitat naturale dei granchi: cioè il diffondersi in Laguna delle noci di mare.
«I nostri dati mostrano che tale organismo, uno ctenoforo (non una medusa), è presente ormai da anni in Laguna di Venezia e rappresenta un flagello per la pesca lagunare, sia in quanto ostruisce, col suo ingombro le reti dei pescatori, sia perché si ciba di piccoli organismi, fra cui larve e uova di risorse ittiche e microcrostacei che di tali risorse rappresentano un’importante fonte di cibo».
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