Mistrà, l'Oriente a Venezia. Quel liquore all'anice e i suoi nomi dalla Grecia ad Israele

Domenica 28 Maggio 2023 di Alessandro Marzo Magno
Liquore all'anice Mistra'

Storia del liquore al gusto di anice “importato” dalla Serenissima attorno al Seicento quando Francesco Morosini conquista il Peloponneso e la città omonima. Prima di allora era (e lo è tutt’oggi) un alcolico molto comune e popolare in tutta l’Asia. Lo cita anche Giacomo Casanova nella sua “autobiografia” chiamandolo con il nome di “rac” (raki) affibbiato dai Turchi.

«Per la prossima volta desideravo delle arance amare per aromatizzare il punch e volevo rum e non rac».

Con queste parole Giacomo Casanova apostrofa il cuoco che deve allestire la cena nel casino dove, tra la fine del 1753 e l'inizio del 1754, il ventottenne futuro avventuriero intende incontrare la monaca MM, al secolo Marina Morosini, la giovane e bellissima patrizia che le politiche familiari in voga al tempo avevano relegato nel monastero di Santa Maria degli Angeli a Murano. È una torrida vicenda di sesso, quella tra i due veneziani, ma non di questo vogliamo occuparci. La casanoviana "Storia della mia vita" è un'eccezionale fonte storica su svariati aspetti della vita settecentesca, cibi e bevande compresi. Qualcuno ha fatto notare che nell'autobiografia dell'avventuriero sono nominati più piatti di cibo (120) che donne (116). La frasetta all'inizio di riferisce alla preparazione del punch, una sorta di bevanda calda digestiva, a base di acqua, agrumi e liquore che Casanova amava preparare con le sue mani. Trattandosi dell'aristocratica monaca MM, Giacomo vuole volare alto e quindi chiede arance amare al posto dei limoni e soprattutto pregiato rum anziché il più ordinario rac.


NEL MEDITERRANEO
E che cos'è il rac? Semplice: il raki, che a Venezia diventa mistrà, ovvero il distillato aromatizzato con l'anice divenuto, e a lungo restato il liquore più globalizzato del mondo. Lo si trova in tutto il bacino del Mediterraneo e anche altrove: il nome, con qualche variante arriva fino in Estremo oriente. In turco la vocale finale di rak è semimuta e quindi la parola si pronuncia come l'aveva scritta Casanova: rac. Spiega Elisabetta Ragagnin, docente di Lingua mongola a Ca' Foscari, che "rak" viene dall'arabo "'araq". Il termine indicava un forte distillato di uva passa che diventava opalescente una volta diluito con l'acqua. In seguito la parola ha assunto il significato generico di distillato e ai nostri giorni la si ritrova un po' in tutto il Medio oriente. Oggi indica in particolare un liquore di vinacce o di prugne aromatizzato all'anice, ma si è distillato un po' di tutto, dai datteri al mais. Si può ipotizzare una nascita in epoca pre-islamica, viste le susseguenti proibizioni sull'uso degli alcolici, comunque oggi il liquore all'anice resta ampiamente diffuso anche all'interno di molti paesi islamici, a cominciare da Libano e Turchia.


IL SUCCESSO
Dopo la formazione dell'impero ottomano (1302) e la conquista di Costantinopoli (1453) il distillato all'anice si propaga in tutto il mondo ottomano e in turco cambia leggermente il nome originario: da arak diventa raki. Ai nostri giorni l'arak è popolare in Israele, Giordania, Libano, Siria, Territori palestinesi, Iraq. Da Costantinopoli, fenomenale crogiolo di popoli, il liquore all'anice comincia a viaggiare verso nord e ancora una volta cambia nome e caratteristiche. Il raki si beve in tutta la Turchia, in particolare nelle città e lungo la costa, sempre mescolato con acqua in modo da assumere quell'aspetto lattiginoso che lo caratterizza. In Grecia, come sa chiunque vi sia stato in vacanza, si sdoppia: il liquore all'anice prende il nome di ouzo, mentre raki indica un distillato di vinacce secco, del tutto simile alla nostra grappa. Con questo nome, modificato in rakija, risale i Balcani lo si ritrova un po' dappertutto: dall'Istria alla Dalmazia, dalla Serbia alla Bosnia, alla Croazia. Qui però è soltanto un distillato di vinacce perché il distillato di prugne diventa lo slivovitz, la bevanda nazionale serba (sliva un molte lingue slave significa prugna).


IN LAGUNA
Dal Levante, il raki, o rac, come scrive Casanova, arriva a Venezia. Non sappiamo bene quando, ma presumibilmente nel Seicento, e verso la fine di quel secolo, nel 1687, Francesco Morosini conquista il Peloponneso la Morea dei veneziani e lì, a otto chilometri da Sparta, si trova la cittadina di Mistra. A quel punto, il liquore d'anice quando giunge a Venezia assume il nome della località ellenica e diventa mistrà. È bevanda popolarissima, soprattutto d'estate, perché rinfresca, e serve anche da base, ce lo racconta l'avventuriero, per il punch. Si diffonde pure nelle Marche, probabilmente dal porto di Ancona, e oggi lo produce la Varnelli, a Muccia, alle pendici dei monti Sibillini, in provincia di Macerata, mente la Meletti dal 1870 distilla l'anisetta ad Ascoli Piceno. Un tempo le bottigliette mignon di mistrà Varnelli si trovavano a bordo degli autobus di linea che andavano dalle Marche al Lazio per contrastare la nausea provocata dalle curve della strada di montagna. Il mistrà da Venezia si sposta anche verso ovest, a Orzinuovi, nel bresciano, un tempo confine tra la lombardia veneta e quella austriaca, tanto che il "Manuale completo del distillatore-liquorista", pubblicato a Milano nel 1882 intitola un capitolo "Dei mistrà" e scrive: «Sotto questo nome volgare si fabbrica a Brescia, e a Orzinuovi principalmente, un liquore alcoolico, più o meno dolcificato a norma della qualità e del genio del liquorista. Il nome si sublime di particolare, dato alle ultime due qualità di mistrà, è veramente improprio, mentre questi due vocaboli dovrebbero essere applicati alle qualità superiori, secondo il buon senso. Ciascuno conosce la bontà e la squisitezza del liquore anicione triduo d'Orzinuovi, che è la prima qualità».


GLOBALIZZAZIONE
Il nome arrak lo si ritrova in Malaysia, India e Sri Lanka a indicare un distillato di melassa, cereali e del vino di datteri. La parola aragh viene invece familiarmente usata in Armenia, Georgia, Iran e Azerbaigian per chiamare la vodka. I distillati all'anice, più o meno dolci, ma sempre bevuti con acqua e quindi lattiginosi, si ritrovano con nomi differenti in tutto il bacino del Mediterraneo. In Italia celeberrima è la sambuca, che si usava bere con la "mosca" (un chicco di caffè lasciato a galleggiare nel bicchiere), in Nordafrica troviamo l'arak (Egitto) e l'anisette (Algeria), in Spagna l'Anís del Mono, mentre in Francia il mondo dell'anice si divide tra Pastis e Pernod. Il Pastis è tipico di Marsiglia e più in generale della Provenza, anche se lo si beve in tutta la Francia. Questi due alcolici hanno approfittato della proibizione del liquore di assenzio, sancita in Svizzera nel 1910 e in Francia nel 1915. Il distillato veniva chiamato "Fata verde" per via del colore verde intenso che aveva, ed è stato vietato in quanto gli venivano falsamente attribuite capacità stupefacenti che in realtà non possedeva. Il punto stava invece nella contrapposizione nel mondo degli alcolici tra vino e assenzio, con i più potenti produttori di vino che sono riusciti a far mettere fuori legge il pericoloso concorrente. Dopo la proibizione, i liquori a base d'anice ne hanno di fatto costituito un surrogato, con il pastis che è diventato una sorta di bevanda ufficiosa della Legione straniera.

Ultimo aggiornamento: 19:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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