Luoghi di Venezia. ​Ca' Soranzo e il diavolo. Gli incontri ravvicinati

Mercoledì 6 Luglio 2022 di Lara Pavanetto
Luoghi di Venezia. Ca' Soranzo e il diavolo

VENEZIA - Ca' Soranzo si affaccia su un piccolo canale dietro Piazza San Marco ed è comunemente identificata come Ca' dell'Angelo, per via di una scultura presente sulla sua facciata.

Così Giuseppe Tassini la descrive nelle sue Curiosità veneziane del 1866: «Sul prospetto d'una prossima casa, scorgesi una specie d'altarino di marmo, il quale nella parte superiore ha un dipinto rappresentante la Vergine col Bambino fra due angeli, e nell'inferiore altro angelo sculto in basso rilievo, ritto, coll'ali aperte, in atto di benedire colla destra un globo, decorato dalla croce, da lui tenuto colla sinistra ()». E prosegue raccontando la vicenda all'origine di quella particolare scultura, tratta dagli Annali de' Frati Minori Capuccini di padre Boverio (1643). Secondo gli Annali, a Ca' Soranzo abitava nel 1552 un avvocato impiegato presso la Curia ducale, Iseppo Pasini, gran devoto della Vergine Maria, diventato molto ricco lucrando sulle disgrazie della povera gente. Appassionato di cose esotiche, che tanto andavano di moda allora, teneva in casa una scimmietta ammaestrata cui aveva insegnato a occuparsi delle faccende domestiche.


L'INSOLITA DOMESTICA
Ma non sapeva che la bestiola in realtà era il diavolo in persona, che desiderava impossessarsi della sua anima. L'unico motivo per cui il demonio non era ancora riuscito nel suo intento era proprio la grande devozione che Pasini nutriva per la Madonna, che a quanto pare lo ricambiava proteggendolo. A scoprire la diabolica identità dell'insolita domestica fu padre Matteo da Bascio dell'Ordine dei Cappuccini in odore di santità, durante un pranzo a casa dell'avvocato. Il religioso, resosi conto che la scimmia era in realtà un demonio, praticò un esorcismo ordinando al diavolo di uscire immediatamente dalla casa; ma il diavolo rispose di non poter andarsene senza aver prima causato qualche danno. Allora fra Matteo gli ordinò di uscire bucando il muro, il foro avrebbe danneggiato la facciata e sarebbe rimasto a eterna testimonianza dell'accaduto. Tornato a tavola, rimproverò il Pasini per le sue malefatte, e strizzando un lembo della tovaglia fece uscire del sangue spiegandogli che era quello delle vittime dei suoi imbrogli. L'avvocato scoppiò in lacrime e promise di restituire il maltolto. Preoccupato che il diavolo potesse tornare nella sua casa, domandò al religioso come avrebbe potuto impedirlo. Padre Matteo gli suggerì di difendersi con l'immagine di un angelo, ed è per questo motivo che da secoli la scultura di un angelo veglierebbe su Ca' Soranzo, per non farvi rientrare il diavolo dal buco aperto sulla facciata della casa. Fra Matteo era molto popolare a Venezia, si diceva operasse molti miracoli, che volasse a mezz'aria e che avesse resuscitato un uomo caduto da un'impalcatura. Pur avendo dato vita all'Ordine dei frati Cappuccini con l'intento di recuperare lo spirito originario del francescanesimo, non era molto amato all'interno della Chiesa.


IL FRATE AL BANDO
Si narra che un giorno entrò a Palazzo Ducale con una lanterna durante un processo, e quando il giudice gli chiese che intendesse fare, lui gli rispose che cercava la giustizia che sempre mancava in quei processi. L'intemerata gli costò il bando per due anni a Chioggia. Ma il suo comportamento ruvido gli procurò altri problemi, e fu solo per intercessione di Sebastiano Venier, suo amico, che non passò guai peggiori. Morì il 6 agosto 1552 mentre riposava in un angolo del campanile della chiesa di San Moisè, che gli era stato offerto dal parroco come riparo per la notte. E' probabile che la leggenda dell'angelo, che data proprio al 1552, servisse a promuovere la figura di Matteo da Bascio dopo la morte e a favorirne la canonizzazione, che però non arrivò mai. E' interessante, nella leggenda, la figura della scimmia-diavolo, che spesso alludeva all'eresia. E, curiosamente, nel 1551 il vescovo Vittore Soranzo fu processato per eresia, e papa Giulio III impose la sua assoluzione al Sant'Uffizio dopo avere raccolto la sua abiura segreta. E' strano poi che la presenza del diavolo segni comunque la storia di Ca' Soranzo anche oltre la vicenda di padre Matteo. Infatti, in un processo dell'Inquisizione veneziana del 1676 contro il mago e alchimista di origine tedesca Federico Gualdi e la sua setta rosacrociana, che racconto nel libro I Rosacroce a Venezia. Magia e alchimia nella setta di Federico Gualdi (Intermedia Edizioni), si scopre che a metà Seicento viveva a Ca' Soranzo il pittore Carlo Ripa, seguace del mago e adepto della sua setta.


IL LIBRO MAGICO
Il processo fu formato in seguito alla denuncia di Francesco Giusto, un mercante di minerali con il pallino dell'alchimia e la passione per la ricerca della Pietra filosofale, che frequentava la casa del pittore per consultare libri proibiti e sperimentare segreti alchemici e magici. Francesco Giusto raccontò, con dovizia di particolari, cosa vide a casa del Ripa: «Me ne mostrò un altro (libro magico) più diffuso et uno spirito in una ampola e questo fu una matina dove habitava in cha Soranzo in presenza del nepote di Marco Antonio Castagna, qual haveva la testa come un pesse, li corni come un cervo, et la coda lunga come un scoprione. Et mi disse che ne haveva anco delli altri per regalar alli suoi amici. Et che quello era il suo amico fedele, il quale gli lavorava e diceva tutto». Il pittore aveva in casa delle ampolle contenenti degli spiriti, amici fedeli cui si poteva chiedere tutto; e lui stesso aveva un demone personale al suo servizio. Aveva anche un baule misterioso: «Un cassone aperto sul quale detto Ripa mi haveva deto che lavorava, havendo hauto curiosità di vedere esso si alterò tanto che mi voleva offender con un stillo». Un baule segretissimo che il pittore difendeva col pugnale alla mano. La sua stanza a Ca' Soranzo era frequentata da personalità importanti, tutti adepti veneziani della setta rosacrociana del mago Federico Gualdi. Il pittore aveva scelto quel palazzo perché conosceva la leggenda dell'angelo? Il mago Federico Gualdi era di origine tedesca, lui e i suoi adepti praticavano la filosofia libertina che prevedeva il rifiuto di tutte le religioni e il culto della Natura. La scimmia-diavolo di Ca' Soranzo era rientrata dal buco, con Carlo Ripa. Sorge il dubbio che i Soranzo avessero un ruolo nella leggenda dell'angelo, che forse voleva alludere alla vicenda di Vittore Soranzo, il vescovo eretico. E, i Soranzo, conoscevano le pericolose pratiche magiche che Carlo Ripa metteva in atto nelle stanze del loro palazzo dietro Piazza San Marco?

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