MESTRE - C’è l’aggravante della legge Mancino contro l’odio religioso a fare la differenza nel processo aperto a Venezia: alla sbarra due bengalesi - Sany Ali, 39 anni, e Md Islam Nazmul, 40 anni - accusati di aver minacciato di morte un connazionale perché buddista.
IL FATTO
Due ottobre 2015: alla fermata del tram in via Cappuccina, un quarantacinquenne bengalese viene aggredito da un gruppo di connazionali. Hanno un bastone da 60 centimetri e un coltello da 50 centimetri e dicono di essere pronti ad ucciderlo. Ma le minacce si spingono un po’ più in là di quanto accade nella normalità della cronaca nera. «Buddista di m...a stai attento» gli gridano dal gruppo. I più facinorosi e violenti sono il trentanovenne e il quarantenne ora a processo con l’accusa di minaccia aggravata dall’articolo 3 della legge Mancino, cioè l’odio razziale. La vittima non reagisce agli insulti del branco e loro, soprattutto i due, insistono nelle provocazioni: «Noi siamo musulmani - dicono - possiamo tagliarti la gola come facciamo in Bangladesh», facendo leva sullo scontro intestino che da anni tormenta il Bangladesh, dove è in corso una guerriglia tra musulmani e buddisti. I due non si fermano e nelle minacce coinvolgono anche la famiglia del quarantacinquenne, da anni a Venezia e con un regolare lavoro. «Tagliamo la testa anche a tua moglie e ai tuoi figli - gli urlano dal branco - Andiamo a scuola e portiamo via i bambini».
LA DENUNCIA
LA LEGGE
Istituita nel 1993, la legge Mancino condanna frasi, gesti, azioni e slogan di incitamento all’odio, l’incitamento alla violenza, la discriminazione e la violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.
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