La guerra della "Maria" Micol: «Un buco in pancia non mi fermerà»

Venerdì 10 Agosto 2018 di Vittorio Pierobon
La guerra della "Maria" Micol: «Un buco in pancia non mi fermerà»
A febbraio sfilava tra due ali di folla in piazza San Marco, nel corteo delle Marie, le belle ragazze che sono il simbolo del Carnevale veneziano. Portava la fascia di Maria del Gazzettino, quella più votata dai nostri lettori, la più amata dai veneziani. A maggio era in sala operatoria che lottava tra la vita e la morte. Ora è seduta sul divano di casa, vicino a Sant'Aponal nel cuore di Venezia, a poche decine di metri da Rialto, e parla serena e felice, nonostante il suo percorso di guarigione sia ancora lungo e doloroso. Non ha nulla da nascondere, vuole che tutti sappiano, che tutti vedano che si può vivere normalmente anche con la stomia, l'apertura addominale che consente di liberare l'intestino. Micol Rossi è un tipo tosto. Una ragazza di 26 anni che ha trascorso quasi metà della sua vita a lottare  con una malattia subdola e poco conosciuta: il morbo di Crohn che colpisce qualsiasi parte del tratto gastrointestinale. Ci sono varie forme in cui si manifesta, a lei è toccata quella più devastante.

«Ma non mi faccio spaventare - assicura con l'aria un po' spavalda, su un volto dolce da ragazzina che dimostra meno dell'età - Posso vivere anche con questa borsetta e fare tutto ciò che voglio, compresa la sfilata di Miss Italia». Ed infatti ha partecipato alle selezioni a Chioggia e il 25 agosto sarà in gara per Miss Venezia.

LA LOTTA
Non cerca pubblicità e men che meno vuole suscitare pietà, essere commiserata. Ha solo dichiarato guerra al morbo di Crohn. Racconta la sua storia per aiutare gli altri. Vuole dire ciò che altri non riescono. Per pudore. Per paura. «Siamo in tanti con questo problema, soprattutto giovani, perché il Crohn colpisce già durante l'età dello sviluppo. Ma è un male poco conosciuto e sottovalutato per ignoranza. La gente ti vede, come nel mio caso, e pensa che esageri: sei giovane, bella, di cosa ti lamenti per un po' di diarrea. Non sanno cosa ho dentro. Non sanno cosa non ho dentro». Parla sorridendo, ma le parole sono macigni: «Io non ho più il colon, me lo hanno tolto tutto due mesi fa». La stomia, il buco collegato a una sacca sulla pancia, consente lo svolgimento delle funzioni intestinali. «Ma più avanti verrà rimossa e fatta una ricanalizzazione». Un'altra operazione. L'ennesima, come elenca Micol: «Ho avuto tre interventi all'intestino e due al retto».

Un calvario che è cominciato quando aveva poco più di 12 anni, ma all'inizio nessuno capiva di cosa si trattasse. I medici non riuscivano a fare una diagnosi certa, pensavano fosse una forma di anoressia. Gli insegnanti sottovalutavano, credevano facesse la furba con tutte quelle assenze. Ed è arrivata la bocciatura al ginnasio Foscarini: «Mi sono sentita umiliata, i prof non capivano che io stavo malissimo. Altro che scuse per non studiare».

LA SCUOLA
La mamma Clara Di Donato è seduta a fianco e ascolta, ma non ce la fa a stare zitta: «L'ho portata in ospedale che era gravissima, l'hanno presa per i capelli. Micol è entrata al San Giovanni e Paolo di Venezia il 1. dicembre 2006 ed è uscita il 30 dicembre. Per tre mesi è stata nutrita con il sondino. Come poteva studiare? Ma come si poteva pensare che fossero scuse?». Il racconto è lungo. Le stazioni della via Crucis sono state dolorose. Un braccio di ferro che Micol ha sostenuto con coraggio e forza mentale. Da Venezia è passata in cura a Bologna, centro di eccellenza nella lotta al Crohn. Lì la sua vita si è incrociata con quella di tanti giovani come lei, alle prese con gli stessi problemi, provenienti da tutta Italia. Ha capito che tutti, oltre a combattere contro la malattia, dovevano lottare anche contro i pregiudizi, le sottovalutazioni, le stupide ironie, l'ignoranza.

«La gente non sa, non capisce, giudica dalle apparenze. Non posso mica andare in giro con un cartello con scritto che ho il Crohn, tanto poi non capirebbero lo stesso. Dovrei gridare la mia rabbia. Non cerco pietà, vorrei comprensione per me, ma soprattutto per tanti altri che non hanno la forza di farsi sentire».

IL RACCONTO SUL WEB
Micol, invece, si fa sentire e non ha problemi a farsi vedere. Scherza sulla malattia con video e immagini spiritose: balla con la flebo attaccata e si maschera con le garze. In Facebook ha raccontato tutto e ha messo foto esplicite. Riesce ad essere sexy anche con la stomia. Chiede insistentemente di pubblicare una foto in cui si veda chiaramente la borsetta. «Se la gente non vede non crede». A lei, a dispetto dei problemi di salute, è sempre piaciuto apparire: «Lo facevo per vincere la timidezza. Ho partecipato a Miss Italia e al concorso delle Marie per sfida con me stessa. Il momento più emozionante è stato quando ho ballato al teatro Goldoni per il saggio di fine anno di danza. Mi hanno concesso due minuti solo per me con le note di The show must go on dei Queen. Ho sentito tutto l'affetto del pubblico che aveva capito la mia storia».

Il cruccio di Micol è di non aver ancora ottenuto un titolo di studio. Dopo la bocciatura al liceo Foscarini ha avuto altre esperienze scolastiche, ma non è arrivata al diploma. Anche quello è un traguardo che resta nel mirino. «Mi serve per partecipare ai concorsi e trovare un posto di lavoro». Finora anche le esperienze lavorative sono state negative. Due contratti a termine con grandi marchi internazionali che l'hanno assunta come commessa con la legge 68 che tutela le categorie protette. Contratti non rinnovati per le troppe assenze.

IL LAVORO
Mamma Clara si inserisce come una furia. «Me lo lasci dire, una vergogna. Non ho visto umanità. Ma come, assumi una persona che sai essere malata e ti stupisci se va in ospedale? Ma quel tipo di contratto sarebbe fatto per tutelare i disabili o i portatori di malattie, non per umiliarli». L'ultima botta per Micol è arrivata nel maggio scorso. Un fulmine a ciel sereno dopo due anni relativamente tranquilli. Era reduce dalle piacevoli fatiche carnevalesche che il ruolo di Maria le aveva imposto. Si era concessa una vacanza con gli amici a Roma, da sola senza la mamma che è il suo angelo custode, oltre che infermiera e crocerossina. «Mi sono svegliata in albergo con dolori fortissimi, non riuscivo a muovere le gambe. Al pronto soccorso di Tor Vergata hanno diagnosticato un riacutizzarsi della malattia e si sono messi in contatto con i medici di Bologna che mi seguivano. La faccio breve, sono entrata in ospedale a Bologna il 24 maggio e sono uscita l'11 luglio. Il colon era in condizioni disperate: da buttare, hanno detto semplificando. A Bologna hanno fatto di tutto per salvarlo utilizzando farmaci biologici sperimentali. Ci sono medici eccezionali. Poi sono sopravvenute una trombosi e un'emorragia e sono finita d'urgenza in sala operatoria».
Interviene la signora Clara: «Ho ancora i brividi a pensarlo. È stato tutto così veloce. Operata d'urgenza dal primario. Io ero fuori senza sapere niente. Alla fine il primario mi ha chiamato e mi ha detto che era salva. Ma per tre volte mi ha ripetuto: sua figlia stava morendo».

Micol ascolta, sorride alla mamma. Si vede che c'è un rapporto speciale che le unisce. Clara è una donna forte, abituata a combattere con la sofferenza, della figlia e del marito che in passato ha avuto seri problemi, ma non si abbatte. «Appena Micol sarà guarita voglio cominciare a fare qualcosa per aiutare gli altri. Voglio denunciare tutte le ingiustizie che ho visto. Voglio che vengano rispettati di più i diritti di questi ragazzi che soffrono».
Micol annuisce, la vita è troppo bella e va vissuta pienamente. Non sarà un buco nella pancia a fermarla.

vittorio.pierobon@libero.it 
Ultimo aggiornamento: 12 Agosto, 10:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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