Giulia Rossi e il suo "club dei perdenti" di via Piave: «Dietro al marcio altre forme di bellezza»

Martedì 15 Febbraio 2022 di Raffaella Ianuale
Chiara Rossi e il suo romanzo "Il club dei perdenti"
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MESTRE - «Al quartiere Piave, a chi lo abita, a chi lo ama, nonostante tutto». Basta questa dedica per capire che c’è un sentimento controcorrente. Perché quel quartiere Piave è il rione a ridosso della stazione di Mestre sulle prime pagine dei quotidiani per tossici, spaccio, vandalismi, stranieri dei paesi più disparati. Un quadrilatero multietnico e difficile che dietro a questo nasconde altro. Ne è convinta Giulia Rossi, 31 anni, scrittrice ora in libreria con il suo secondo romanzo “Il club dei perdenti” Editrice Nord, che qui abita e alla gente di queste strade ha dedicato il suo libro.

 
LA GIOVANE SCRITTRICE
Spera in futuro di poter vivere di sola scrittura questa giovane autrice che ha una laurea in filosofia a Ca’ Foscari e si occupa di comunicazione e formazione digitale per Unis&F società del sistema Confindustria attiva a Treviso e Pordenone. «Esiste una parte marcia della città, ma c’è anche altro - dice nel spiegare la dedica stampata nella prima pagina e il perché ha deciso di costruire la trama del suo romanzo a Mestre - sono convinta che dietro alle difficoltà possano nascere altre forme di bellezza».

E descrive gruppi di cittadini che organizzano eventi, cene di quartiere, processioni di Madonne, orti per anziani. Lei stessa ha insegnato come volontaria italiano a minori stranieri non accompagnati. «In quale altro centro città succede tutto questo? Abiti a ridosso della stazione, ma le persone qui si conoscono e c’è quell’aspetto umano di vicinanza tipico di un paese». Quindi, dopo aver ambientato il suo primo romanzo, “È così che si fa”, in una cittadina di provincia non bene identificata, nell’ultima opera ha scelto Mestre per srotolare 327 pagine che scorrono veloci e fluide con salti tra presente nei capitoli contraddistinti da numeri e passato in quelli introdotti da lettere. E in questo andirivieni l’intreccio aggancia il lettore con aspettative, suspense e quella curiosità che fa divorare velocemente il romanzo.

LA MICCIA NARRATIVA
La miccia narrativa è un senzatetto al quale viene dato fuoco mentre sta dormendo avvolto nei suoi cartoni in una stradina defilata. «L’attacco è finzione - spiega - ma la vicenda è verosimile, considerato che altrove è successo». Salvato per miracolo, il barbone viene ricoverato in terapia intensiva, ma la sua identità rimane un mistero: non ha con sé documenti e nessuno va a chiedere di lui all’ospedale. Una delle poche cose salvate dal fuoco è il suo zainetto, dove c’è una copia del romanzo del giovane scrittore Lorenzo Fabbri. «A questo punto inizia una storia che lega a doppio filo l’uomo senza nome al libro ritrovato» svela l’autrice senza andare oltre e rovinare l’effetto sorpresa. Da qui si fa un salto indietro di vent’anni quando il protagonista per noia aveva fondato il Club dei perdenti insieme ad altri tre ragazzini come lui: Sara, Giacomo e Ema, il suo migliore amico dalla vita sghemba, l’unico ad avere il coraggio di fronteggiare i bulli della scuola e dotato di un talento straordinario per il disegno. E proprio da questo club di adolescenti, nato in un’estate mestrina che aveva ben poco da offrire, che nasce il titolo del romanzo.

L’OMAGGIO A STEPHEN KING
«Si tratta anzitutto di un omaggio a Stephen King - spiega Giulia Rossi - perché è un club che i ragazzini protagonisti fondano dopo aver letto “It”, pure qui c’è un club dei perdenti, e dopo che un writer per spaventarli ha detto loro che anche dietro al degrado di Mestre si cela il Male inteso come un’entità malvagia». Ma poi in quel “perdenti” si nasconde altro: «È da intendersi come participio presente - prosegue - nelle pagine al presente infatti i protagonisti hanno perso tutti qualcosa rispetto a come li abbiamo lasciati nel passato, prima di tutto la speranza che la vita vada come vuoi e come sogni».
Quindi un intreccio complesso e salti nel tempo con palcoscenico Mestre descritta con realismo. «Per i più Mestre è soltanto l’anticamera grigia per accedere a basso costo alla bellezza folgorante di Venezia - scrive l’autrice al capitolo 4  - persino la fermata del treno non ha la dignità dell’autonomia: Venezia-Mestre, si chiama, con quel trattino in mezzo a ribadire il concetto». Ma è solo l’attacco per poi svelare la città qua e là nella trama del romanzo in tutte le sue contraddizioni belle e brutte, ma anche nei suoi personaggi. Come lo “strillone” che è riuscito finalmente ad aprire l’edicola in via Piave e che per 63 anni ha lavorato senza nemmeno un giorno di ferie. E questo cameo altro non è che la trasposizione romanzata di Bruno Rossi, il nonno dell’autrice. «Proprio battendo sui tasti dell’Olivetti dei miei nonni, quando ero appena una bimba, avevo capito che da grande mi sarebbe piaciuto essere una scrittrice» conclude Giulia Rossi che presenterà “Il club dei perdenti” il 25 febbraio al Giralibri di Mestre, una libreria che, guarda caso, si trova nel quadrivio da dove parte via Piave.
 

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Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 14:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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