Emergenza criminalità in via Piave: verso un nuovo blitz «ma ci serve tempo»

Giovedì 30 Luglio 2020 di Davide Tamiello
VERSO IL BIS Un’immagine del blitz di due anni fa contro la banda di spacciatori che imperversava nel rione Piave
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SICUREZZA 
MESTRE La sicurezza ha le stesse dinamiche della medicina: se qualcosa non va, prima si ricorre al pronto soccorso e poi, se il primo intervento non basta, si ricorre a una terapia mirata. Gestire via Piave, alla fine, non è poi così diverso: c’è il pronto intervento continuo, che serve a tamponare e soprattutto a impedire che un fenomeno come lo spaccio dilaghi fino a diventare metastasi del quartiere, e c’è l’indagine articolata che punta a sradicarlo definitivamente. L’inchiesta del luglio 2018, con cui la squadra mobile lagunare finì per smantellare la mala nigeriana, l’organizzazione criminale che dal suo quartier generale in via Monte San Michele era riuscita ad allungare i suoi tentacoli in tutto il rione, è un esempio lampante di questo secondo tipo.
AL CONTRATTACCO
Il questore Maurizio Masciopinto sembra essere determinato a ricalcare le orme del suo predecessore, Danilo Gagliardi, con una nuova operazione “Monte San Michele”. «Queste operazioni richiedono anni di indagini, come successo nel 2018 - spiega - per questo i cittadini ora vedono che il fenomeno sta tornando a quei livelli: l’attività investigativa per essere efficace richiede tempo». Non ci sono solo i nigeriani (come accadeva due anni fa) ma comunque sono la netta maggioranza. «Sono gruppi completamente nuovi, non hanno nessun rapporto con la generazione precedente - continua il questore - parliamo di piccoli gruppi malavitosi che si spartiscono le zone senza pestarsi i piedi. Ma a tirare i fili non ci sono maxi organizzazioni criminali, sono indipendenti e non hanno rapporti con camorra o ‘ndrangheta».
La domanda sorge a tanti in questo momento: è stato buttato quel prezioso lavoro d’indagine di due anni fa? «Non direi, ma parliamo di fenomeni ciclici - conclude il questore - soprattutto parliamo di una piazza che ancora è molto, troppo appetibile. Abbiamo una domanda elevatissima, anche e soprattutto da fuori città». E la legge di mercato è una sentenza: chi vuole comprare troverà qualcuno disposto a vendere. Ma la polizia non è la sola ad avere in ballo un’inchiesta sulla zona: anche i carabinieri, infatti, da mesi stanno lavorando su un’altra direttrice. Un’indagine che dovrebbe arrivare a conclusione entro la fine dell’anno. 
I NUMERI
«Dire che siamo tornati a una situazione pre 2018 è ingeneroso - aggiunge il comandante generale della polizia locale, Marco Agostini - la vera differenza è che non c’è più un controllo del territorio come all’epoca: non abbiamo più, per essere precisi, una via Monte San Michele totalmente in mano ai pusher». Parlando di pronto intervento, la polizia locale ha in mano gran parte delle operazioni preventive e di controllo: dall’inizio dell’anno, il nucleo operativo diretto dal commissario capo Gianni Franzoi ha messo a segno 230 sequestri per un totale di 13 chili di stupefacente requisito tra il rione Piave e il parco della Bissuola. Per spaccio i vigili hanno arrestato, da gennaio, 30 pusher e denunciato altre 55 persone, a cui si aggiungono 12 daspo e 84 assuntori segnalati. «Adesso se ne vedono di più in via Piave perché si sono spostati da piazza Sant’Antonio a Marghera, prima si concentravano tutti lì e siamo riusciti a cacciarli».
I dati confermano, quindi, che l’attività repressiva non manca. «Stiamo sperimentando i controlli con i quad, ed effettivamente sono molto efficaci - prosegue Agostini - perché ci permettono di tenere d’occhio il sottopasso di via Dante. A piedi fare tutta la direttrice ciclabile da piazzale Leonardo da Vinci a via Rizzardi si impiega un quarto d’ora, in quad un minuto, è evidente che questo ci consente una maggior operatività». Eppure i residenti continuano a non sentirsi sicuri. «La percezione di insicurezza, però, viene più dalla “clientela” che dagli stessi spacciatori che, rispetto ai loro predecessori, sono molto più cauti a non creare tensioni - continua il comandante - assistere a qualcuno che si inietta una dose di eroina in strada non è certo un bello spettacolo. Ma quello della domanda è un fronte che va e deve essere affrontato a più livelli, non può essere in carico solo alle forze di polizia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA 
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