Mestre, gli angeli anti-overdose del 118 «Così salviamo due vite al mese»

Mercoledì 7 Settembre 2022 di Davide Tamiello
Gli angeli anti-overdose del 118 «Così salviamo due vite al mese»

MESTRE - Due vite salvate al mese.

Tanti dall'inizio dell'anno gli interventi del Suem, prima linea della lotta alle morti per eroina, per overdose. Il fattore tempo è fondamentale: la differenza, in questi casi, la fa essere in gruppo o da soli. Quando, cioè, qualcuno dall'allarme in diretta la percentuale di efficacia del naloxone, il farmaco antidoto all'eroina, è del 100%. Quando, invece, la segnalazione è tardiva perché chi si droga lo fa da solo e rimane in blocco respiratorio troppo a lungo, all'arrivo dei medici quasi sempre non c'è più nulla da fare.

Nove morti

E quest'anno di morti così se ne sono registrate già nove, circa uno al mese. «L'overdose è una depressione respiratoria che porta all'arresto cardiaco - spiega il direttore del 118 dell'Ulss 3 Serenissima, Paolo Rosi, capo peraltro anche del Suem Veneto - il naloxone fa da antidoto e risolve il problema. Il problema è che iniettare una fiala completa comporta il risveglio totale del paziente, e questo molto spesso porta a reazioni violente». La rianimazione in questi casi, va detto, non viene presa come un salvataggio. «Diciamo che nessuno ci ha mai ringraziato. Quasi tutti si arrabbiano perché, di fatto, intervenendo bruciamo loro la dose. Ovvero, interrompiamo il loro viaggio. Poi c'è il problema che il risveglio improvviso può provocare delle reazioni scomposte». Motivo per cui si è deciso di intervenire con un approccio progressivo: «Praticamente li rianimiamo senza svegliarli del tutto. Iniziamo a provare a svegliare la persona con qualche buffetto, poi passiamo a una ventilazione in maschera e poi, infine, passiamo a delle dosi graduali di naloxone. L'obiettivo è appunto non essere completamente risolutivi, per la nostra sicurezza ma anche per la loro». Il trasporto in pronto soccorso viene sempre caldamente consigliato, ma lo rifiutano tutti.

Droga sociale

«Sarebbe più sicuro - prosegue Rosi - per diversi motivi. Il primo è che non sappiamo quanta eroina si sia iniettato e può essere che, terminato l'effetto del naloxone, subentri una seconda overdose. L'altro aspetto è che, comunque, le condizioni post risveglio non sono ottimali, c'è il rischio che questa persona metta a repentaglio la propria sicurezza anche in altri modi. Banalmente, anche solo attraversando una strada senza guardare». Il grande problema dell'eroina è che non è una droga sociale: chi ne fa uso molto spesso lo fa da solo. Quando, invece, diventa un affare di gruppo la compagnia in caso di overdose chiama e poi si dilegua: nessuno aspetta i soccorsi. Eventualità che sarebbe piuttosto utile ai soccorritori, per una valutazione sui tempi e sulle sostanze assunte. «Quando si bucano da soli è un dramma - prosegue Rosi - su Venezia abbiamo uno zoccolo duro di consumatori che non si vede in altre province. A Treviso per esempio un'overdose è un evento eccezionale, c'è stato un crollo enorme. Qui non ci sono i livelli degli anni 80 e 90 ma i numeri continuano a essere alti in proporzione».

Taglio e diluizione

Il pericolo è legato soprattutto al taglio e alla diluizione. «Eroina ha produttori diversi, non è tutta uguale. Magari quando arriva una partita nuova gli spacciatori faticano a tagliarla in dosi non letali». Qui subentra un'altra tegola: il naloxone è efficace a contrastare l'effetto degli oppiacei, non di eventuali sostanze collaterali. «Se subentrano altre sostanze per allungare la droga (abbiamo trovato in alcuni casi partite tagliate addirittura con la stricnina, il veleno per topi) il trattamento risulta ovviamente inefficace».

Ultimo aggiornamento: 8 Settembre, 10:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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