«Avanti con la moschea» in via Piave. Gli islamici non si fermano nonostante la diffida del Comune

Mercoledì 17 Maggio 2023 di Fulvio Fenzo
VIA PIAVE La protesta promossa dalla Lega contro l apertura del Centro islamico

MESTRE - Attorno alle 13, ora di preghiera, arrivano un po’ alla volta, sotto la pioggia. Bussano, ma le porte del nuovo Centro islamico di via Piave sono chiuse. Dopo qualche minuto esce uno dei referenti: «No, oggi e domani stiamo facendo dei lavori. Dobbiamo grattare i muri, stuccare e ridipingere, ma fra un paio di giorni si riapre». Peccato solo che ieri sera, in nuovo blitz della Polizia locale, sarebbero stati trovati altri fedeli in preghiera, il giorno dopo l’ordinanza del Comune che intimava il ritorno alla destinazione commerciale dei locali di via Piave 17 e lo stop alle attività di preghiera aperte a tutti. Ma mentre il sindaco Brugnaro propone di trovare spazi alternativi («perché non pensare anche a Fincantieri? - chiede - Creando una struttura con servizi adeguati utile anche allo stabilimento»), l’associazione che ha preso in affitto l’ex supermercato conferma di essere certa di avere tutte le carte in regola per tenere aperta quella che, senza giri di parole, «sarà una moschea».


«SARÁ UNO SPAZIO PER TUTTI»
Arif Mahmud è il presidente dell’associazione Ittihad, quella che utilizza l’ex supermercato al centro della bufera. «Ho ricevuto una carta - dice riferendosi all’ordinanza -, ma abbiamo parlato con il nostro avvocato: la destinazione d’uso non è un problema. Opere abusive? Non spacchiamo muri. Diamo solo una passata di pittura e sistemiamo i bagni. Non è mica un cantiere...». Ma il Comune contesta anche le attività che state già facendo. «Il nostro obiettivo è la scuola per i nostri 200 bambini, una cosa che facciamo già da sei anni sia a Mestre che a Padova. E anche la preghiera: questo è un bel posto con una grande sala. Non è mica vietato». L’ordinanza sostiene il contrario, però. «Se ci sediamo attorno ad un tavolo possiamo capirci, se il Comune vuole capire - prosegue il presidente dell’associazione islamica bengalese -. Siamo nel 2023, non si può pensare che aprire una moschea sia un problema. E la nostra sarà una moschea aperta a tutti, non solo ai nostri associati». I locali non sarebbero in regola, però. «Abbiamo tre uscite di sicurezza e l’orario delle preghiere è limitatissimo, cioè cinque momenti di preghiera al giorno di 10 minuti... Vuol dire 50 minuti in tutto. L’ultima preghiera adesso è alle 22. La legge vieterebbe la nostra moschea? Non è vero, abbiamo studiato e possiamo portare i nostri avvocati».

Avvocati che, a questo punto, fanno pensare ad un imminente ricorso contro l’ordinanza.


IL SINDACO
«Sono state riscontrate irregolarità, dalle porte ai bagni, e l’accesso di un numero pazzesco di persone - commenta il sindaco Luigi Brugnaro -. Ciò non vuol dire che non siamo disponibili a cercare soluzioni diverse in altri luoghi. Penso ad esempio a spazi all’interno di Fincantieri dove lavorano tanti bengalesi. Perché non facciamo una cosa insieme, magari creando una struttura che offra anche bagni e servizi per i lavoratori delle ditte esterne?». Una proposta che risolverebbe due problemi in un colpo solo, visto che per gli esterni è in corso solo la realizzazione del nuovo parcheggio in via delle Macchine, senza però offrire servizi adeguati agli operai. 
Azione Venezia” è però perplessa. «A noi resta però uno sgradevole retrogusto di un’occasione mancata - commentano Antonella Garro, segretaria metropolitana, e il segretario comunale Paolo Bonafé -. Le moschee, come le chiese, sono luoghi di comunione e socialità, di sostegno reciproco e di visibilità (in un certo senso anche di “controllo”) per una comunità numerosa con la quale condividiamo lo spazio di questa città e che non dovremmo far sentire ai margini. E poi però parliamo di “integrazione”, di prevenire le cause del degrado...».

Ultimo aggiornamento: 17:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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