Moschea a Mestre, la comunità bengalese prosegue i lavori: «Bloccarla protrebbe essere un atto discriminatorio»

Sabato 27 Maggio 2023 di Elisio Trevisan
Moschea a Mestre, la comunità bengalese prosegue i lavori: «Bloccarla protrebbe essere un atto discriminatorio»

MESTRE - Stanno lavorando giorno e notte e, per risparmiare tempo, si fanno anche da mangiare dentro all'ex supermercato Pam di via Piave al civico 17. È il locale che un gruppo della Comunità dei bengalesi ha affittato per farne un centro culturale e di preghiera.

Nonostante la diffida dell'Amministrazione Brugnaro e le proteste dei vicini, sono convinti di avere tutti i diritti di aprire la struttura e di metterla a disposizione dei fedeli musulmani. Per cui stanno lavorando per attrezzare lo spazio secondo le norme: uscite di sicurezza, conformità degli impianti, bagni e via di seguito. Per quanto riguarda, invece, la capienza, che è il problema principale opposto dal Comune, la Comunità e i suoi legali sono certi che in quegli 800 metri quadrati possano starci fino a 800 o 1000 persone, e che quindi una media di 500 persone sia un dimensionamento adeguato. In primo luogo il Decreto ministeriale 12/4/96 sul pubblico spettacolo stabilisce come calcolare la capienza di luoghi di ritrovo: 0,4 persone per posto a sedere al metro quadrato, oppure 0,7 persone a metro quadrato per locali di intrattenimento e, ancora, 1,2 persone per locali, sale da ballo e discoteche; e per il centro di preghiera di via Piave bisogna considerare che non si prevedono posti a sedere quindi lo spazio a disposizione è maggiore.

LE NORME

Per quanto riguarda le chiese ci sono delle sentenze a riguardo che si rifanno proprio a questo decreto. E poi c'è la legge regionale n. 12 del 2016 sulle "Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio" che, all'articolo 31, tratta della "Realizzazione e pianificazione delle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi": la Regione, quindi, dice ai comuni che devono prevedere standard per l'edificazione di nuovi luoghi di culto, anche se il Prg veneziano non li prevede, e tra le più importanti caratteristiche che devono avere è di essere in un'area urbana e residenziale. Per la Comunità bengalese e i suoi legali, inoltre, è difficile diffidare dall'aprire il centro religioso nell'ex Pam di via Piave quando a poche decine di metri, in via Felisati angolo con via De Amicis, c'è una chiesa evangelica, e da pochi mesi la comunità evangelica cinese si è aggiudicata l'ex cinema Piave di via Premuda per farne la loro chiesa. Allargando lo zoom sulla città ci sono almeno altri dieci luoghi di culto di varie religioni, alcuni non autorizzati; oltre naturalmente ai cinque centri di preghiera musulmani, contando anche quello nuovo di via Piave nell'ex Pam. C'è anche chi si è costruito la propria chiesa, come gli egiziani copti che hanno realizzato l'edificio in via Orlanda a Campalto su un terreno di loro proprietà; o come gli ortodossi che, oltre alla chiesetta dell'ex ospedale Umberto I, hanno quella tra via Marieschi e via Scaramuzza a Zelarino: in questo caso fu il Comune (Giunte di centrosinistra) a concedere il terreno agli ortodossi romeni, un'area verde che faceva parte di uno standard ad uso pubblico di una vicina lottizzazione residenziale. All'epoca dell'operazione pure i residenti della zona protestarono a lungo perché non volevano l'edificio in mezzo alle loro case.

I PRECEDENTI

La storia, insomma, si ripete, ma ora che di luoghi di culto, oltre naturalmente alle chiese cattoliche, ce ne sono parecchi, per la Comunità bengalese, che rappresenta oltre 12 mila dei 40 mila musulmani residenti nel Comune, e per i suoi legali, diffidare la moschea di via Piave potrebbe anche configurarsi come un atto di discriminazione. Prima di passare alle carte bollate Kamrul Syed, portavoce della comunità bengalese, qualche giorno fa aveva lanciato un nuovo appello al Comune affinché dia una mano, come prevede la legge regionale, a trovare un luogo adatto: edifici abbandonati ce ne sono e anche aree destinate a verde urbano attrezzato dove si possono costruire pure chiese come, appunto, quella degli ortodossi a Zelarino.

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