Eccidio di Cefalonia, il primo atto di Resistenza. Parlano gli ultimi testimoni: «Sentiamo ancora il fischio delle bombe tedesche»

Al museo M9 di Mestre una due giorni dedicata all'eccidio nell'isola greca. La più grande strage di soldati italiani della Seconda Guerra Mondiale

Martedì 25 Aprile 2023 di Raffaella Ianuale
Festa della Liberazione, al museo M9 il dibattito sull'eccidio dei militari italiani a Cefalonia da parte dei nazisti

MESTRE - Ormai si contano sulle dita di una mano o poco più. Sono i grandi vecchi. Grandi perché hanno più di 100 anni e perché sono gli ultimi soldati della Divisione Acqui sopravvissuti all'eccidio di Cefalonia e Corfù. Ognuno ha un racconto diverso, ma sono tutte storie quasi impossibili di come, per quel filo che lega ognuno alla propria vita, sono riusciti a scampare alla morte. Eccoli i coraggiosi militari allora dimenticati nelle isole greche dopo l'Armistizio dell'8 settembre del 1943 e scordati poi per decenni come se quel crimine di guerra non esistesse. A Nordest sono: Olindo Bussi, 102 anni, di Buttapietra a Verona, Bruno Bertoldi, 104 anni, di Bolzano, Lucio Carlon, 100 anni, di Budoia a Pordenone, Andrea Gagliardi, 100 anni il prossimo 31 luglio, di Lugagnano di Sona nel Veronese. Nel resto d'Italia ci sono ancora i milanesi Francesco Fusetti e Giancarlo Trivellin, 102 anni entrambi, il torinese Domenico Pavetto, 100 anni, il ravennate Battista Vasumini, 105 anni e infine Michele Zucchi, 100 anni, di Mandello del Lario in provincia di Como.

Questa la lista gentilmente raccolta da Orazio Pavignani dell'associazione nazionale Divisione Acqui, «ma non escludo che possa essercene qualche altro» avvisa, quasi augurandoselo. Figlio di Marino Pavignani, pure lui rientrato a casa dopo la guerra ma che ora non c'è più, ha dedicato due libri a questa storia "Inseguendo mio padre" e la raccolta di testimonianze dei soldati della Acqui "Cefalonia...io c'ero".

 

L'ANNIVERSARIO

Nell'ottantesimo anniversario dell'eccidio nei giorni scorsi il Museo M9 di Mestre, con Iveser (Istituto veneziano per la storia della Resistenza), Anpi, Centro tedesco di studi veneziani, fondazione Rinascita 2007 e sindacati, ha organizzato un convegno di due giorni "Cefalonia e Corfù 1943-2023". Ospiti lo storico Filippo Focardi, docente all'Università di Padova e Marco De Paolis, Procuratore generale militare presso la Corte d'Appello di Roma, uno dei maggiori esperti di crimini nazifascisti perpetrati durante la Seconda Guerra Mondiale. Ha dedicato la carriera a indagare sugli eccidi, istruendo una ventina di processi e portando alla condanna di decine di criminali di guerra tra i quali Erich Priebke. Tra i suoi processi anche quello che ha coinvolto la Divisione Acqui e i morti di Cefalonia, avviato a quasi settant'anni dalla tragedia e che si è concluso il 18 ottobre 2013 quando il Tribunale militare di Roma ha riconosciuto la responsabilità penale del caporale della Edelweiss, Alfred Stork, 90enne, condannandolo all'ergastolo per il massacro compiuto nel settembre del 1943 in Grecia eseguendo l'ordine di Hitler e in spregio delle convenzioni internazionali che imponevano un trattamento umano dei militari che avevano ormai deposto le armi. Stork all'epoca aveva confessato di aver preso parte alle fucilazioni degli ufficiali della Divisione Acqui a Cefalonia.

LA VICENDA

Perché nel settembre 1943, sull'isola greca, si consumò il più grande massacro di soldati italiani della Seconda Guerra Mondiale. Reparti tedeschi appartenenti alla prima Gebirgs-Division Edelweiss sterminarono in pochi giorni migliaia di militari della Divisione italiana Acqui, ubbidendo a un ordine del Führer. Terminata la strage di massa, gli ufficiali italiani superstiti furono uccisi in quello che è passato alla storia come l'eccidio della Casetta rossa. E quella Casetta rossa, palcoscenico delle fucilazioni, è rimasta viva nella memoria dei pochi rientrati a casa finito il conflitto. Si parla di quasi diecimila soldati morti tra fucilazioni, bombardamenti dal cielo e deportazioni nei campi di concentramento, e meno di duemila sopravvissuti. Tutto questo è rimasto per decenni solo nella memoria dei protagonisti e nei racconti tramandati a figli e nipoti. A fare definitamente uscire questa pagina di storia dall'intimità familiare è stato il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2001 che, durante una visita a Cefalonia per commemorare l'eccidio, nel suo discorso disse a proposito dei militari della Acqui: «La loro scelta consapevole fu il primo atto della Resistenza di un'Italia libera dal fascismo».

PAROLE DI REDUCI

Le testimonianze dei superstiti e la ricostruzione degli eventi sono raccolti nel documentario "Cefalonia e Corfù, testimoni della Acqui tra storia e memoria 1943-2017" realizzato dalle sezioni di Venezia e Padova dell'associazione nazionale Divisione Acqui presieduta dal veronese Claudio Toninel. «Quando ci hanno detto che la guerra era finita abbiamo iniziato a festeggiare sparando colpi in aria - ricorda Andrea Gagliardi, il centenario veronese - il nostro capitano ci avvisò che i tedeschi ci avevano chiesto di deporre le armi e che ci avrebbero portati in Italia». Ma non fu così. «Dal cielo arrivarono gli Stukas tedeschi e iniziarono a bombardare, poi il 23 settembre ci hanno portati nella caserma Orsolini come prigionieri». Gagliardi fu tra i soldati che riuscirono a imbarcarsi nella nave Ardena salpata dalla Grecia il 28 settembre del 1943 e affondata a causa delle mine. «In qualche modo riuscii a salvarmi e a tornare a nuoto a Cefalonia. Di seguito sempre in nave sono arrivato ad Atene e da qui a Salonicco. Poi il nostro gruppo è stato spedito in Russia e in Polonia». Facendo un passo indietro, il 14 settembre il generale Antonio Gardin, gli ufficiali e i soldati decisero che dopo l'Armistizio non avrebbero consegnato le armi ai tedeschi. Gli italiani resistono, ma arrivano i bombardamenti tedeschi dal cielo. «Sento ancora il fischio di quegli aerei che scaricano le bombe» racconta un superstite. Cinquecento soldati italiani rifugiatisi in un forte furono uccisi, trecento bruciati nella chiesa di Santa Barbara, e poi a migliaia morirono nelle fucilazioni di massa. Il 22 settembre Gardin firma la resa ai tedeschi e tutti gli ufficiali italiani furono fucilati nella Casetta rossa. La figlia del capo di Stato maggiore il tenente colonnello Giambattista Fioretti ricorda: «Mio padre venne inviato a Cefalonia a inizio estate e poco dopo, in quel fatidico settembre, morì assieme agli ufficiali».

I VIDEO

Raccolti nel video anche i ricordi di Maurizio Argenteri, nipote di Teobaldo di Cordenons, Claudio Toninel, figlio di Mario, Domenico Zanrosso di Schio, e del veneziano Carlo Bolpin, 80 anni, figlio di Erminio tra i dispersi di Cefalonia. «Sono nato il giorno della morte di mio padre - racconta - la lettera in cui gli annunciavano la mia nascita è tornata al mittente, lui non riuscì a leggerla. Ci hanno detto che era tra i dispersi e mia mamma, Maria Giubelli morta a 90 anni, fino all'ultimo ha sperato che un giorno sarebbe ritornato a casa». E proprio le lettere di questi soldati al fronte sono state lette all'M9 dagli studenti dell'Accademia teatrale Carlo Goldoni, parole ancora vive che arrivano all'8 settembre, giorno dell'Armistizio e inizio della tragica e valorosa storia di Resistenza degli uomini della Acqui.

Video

Ultimo aggiornamento: 27 Aprile, 19:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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