L'ex sindaco Mestre: «A Eraclea nessun voto di scambio. Donadio boss? Non leggevo i giornali»

Venerdì 30 Settembre 2022 di Gianluca Amadori
L'ex sindaco Mestre nega ogni accusa: «A Eraclea nessun voto di scambio. Donadio boss? Non leggevo i giornali»

MESTRE - Ha seguito tutte le udienze in silenzio, prendendo appunti, seduto sempre sulla stessa poltroncina nello spazio riservato al pubblico dell'aula bunker di Mestre. E, ieri, finalmente è arrivato il momento di poter parlare per difendersi dall'accusa infamante di aver stretto un accordo con il presunto boss dei casalesi di Eraclea, Luciano Donadio: voti per essere eletto sindaco in cambio dell'appoggio per l'approvazione del progetto di un impianto a biogas, in realtà mai realizzato.
Mirco Mestre, per due anni primo cittadino di Eraclea, dal 2016 al 2018, fino all'arresto con l'accusa di voto di scambio, ha parlato per ore di fronte al Tribunale, rispondendo senza tentennamenti, in maniera pacata e precisa, alle domande pressanti dei pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini che hanno cercato in più occasioni di metterlo in difficoltà.

«NESSUN VOTO DI SCAMBIO»

L'avvocato Mestre, 47 anni, di San Donà di Piave, ha negato con decisione di aver chiesto i voti a Donadio e agli uomini del suo clan e pure di essere in qualche modo intervenuto a favore dell'impianto a biogas che alcuni imprenditori vicini al presunto boss dei casalesi erano intenzionati a realizzare nella frazione di Stretti. «Donadio me ne parlò: li ricevetti una volta e dissi loro di rivolgersi alla struttura tecnica del Comune - ha spiegato - Non ho più saputo nulla dell'iter della pratica».
Per l'accusa di voto di scambio l'avvocato civilista sandonatese è rimasto in carcere a Tolmezzo per 109 giorni, per poi trascorrere altri 5 mesi ai domiciliari e ora, assistito dall'avvocato Emanuele Fragasso, confida in una sentenza che possa riabilitarlo definitivamente.
Davanti ai giudici ha ricostruito la decisione di scendere in politica, nel 2016, coinvolto da Giuseppe Franzoi; la disponibilità a candidarsi a sindaco e la scelta di allearsi con l'ex primo cittadino, Graziano Teso, che poi diventerà vicesindaco della sua giunta (e lo scorso gennaio è stato condannato in appello a tre anni per concorso esterno in associazione mafiosa).

Mestre ha spiegato che non conosceva i meccanismi della politica e che furono altri ad occuparsi della ricerca dei voti: lui si limitò a partecipare a incontri elettorali, a presenziare ai gazebo e ad incontrare cittadini e imprenditori. Ad aiutarlo fu l'amico Emanuele Zamuner (oggi coimputato nel capitolo sul presunto voto di scambio) il quale, nonostante fosse stato escluso dalla lista, si diede dato da fare per raccogliere consensi, secondo l'accusa anche quelli di Donadio & C. Mestre ha dichiarato di non aver affidato alcun incarico a Zamuner e di non aver saputo come si stava muovendo sul territorio.
«Donadio l'ho incontrato una sola volta durante la campagna elettorale: venne a salutarmi al gazebo, ad Eraclea, e disse che mi avrebbe votato.

Poi andò al gazebo di Cerchier, il mio avversario...», ha raccontato Mestre. Per poi precisare di essere stato a lungo il legale di Donadio: «Non ci sarebbe stato bisogno che qualcun altro lo contattasse a nome mio per chiedere il voto: se avessi voluto parlargli avrei avuto molte occasioni per farlo».

Quanto all'opportunità di accettare i voti del presunto boss, Mestre ha dichiarato che all'epoca non vi era alcun motivo per non farlo: «Sapevo che in passato era stato condannato per usura, ma non c'era nulla che facesse pensare che ad Eraclea operasse un'organizzazione di stampo mafioso».

RAPPORTI PROFESSIONALI

La Procura ha insistito, ricordandogli alcuni articoli di stampa che indicavano Donadio come il boss dei casalesi del Veneto orientale: «Non leggo i giornali. Donadio si lamentava dicendo che ce l'avevano con lui perché arrivava da Casal di Principe e ha sempre negato di essere camorrista». Mestre ha confermato che Donadio gli sottopose la replica ad un articolo di stampa, preparata da un altro legale e lui gli disse che andava bene.
Quanto ai parenti e ai sodali che Donadio mandava nel suo studio legale, l'avvocato sandonatese ha precisato che con Donadio ha avuto soltanto rapporti professionali, e che per un legale è un'opportunità da non perdere una persona che gli procura nuovi clienti. Quelli che necessitavano di assistenza sul fronte penale li faceva seguire da altri colleghi. «Donadio mi ha sempre pagato», ha precisato.
Il processo proseguirà giovedì prossimo con le ultime domande all'ex sindaco e l'esame di Emanuele Zamuner, assistito dall'avvocatessa Federica Bassetto.

Ultimo aggiornamento: 13:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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