VENEZIA - Dopo il regolamento anti paccottiglia, per combattere negozi di bassa qualità e brutte copie fatte all'estero che invadono il centro storico, Venezia si appresta a completare il piano creando un sistema per tutelare i prodotti autentici e tradizionali del territorio e, in definitiva, per tutelare il marchio Venezia nel mondo.
Un lucchetto digitale, definizione volgare delle blockchain, - in grado di tracciare il produttore, il processo produttivo, la distribuzione, la vendita e il proprietario finale, senza possibilità di essere contraffatto - è la soluzione individuata dall'assessore al Commercio, Sebastiano Costalonga, che sta lavorando al progetto assieme al sindaco Luigi Brugnaro.
Costalonga si presenterà assieme all'ingegnere Pietro Furlan, esperto di blockchain, comunicazione e fake news, e fondatore di Criptourbanesimo, e riceverà i rappresentanti del Consorzio Venezia Nativa che si propone di sviluppare le tre isole Burano, Mazzorbo e Torcello e di promuovere lo sviluppo economico della laguna nord di Venezia, valorizzando il ruolo di ristoratori, rappresentanti dell'arte dei merletti, pescatori e rappresentanti dei cantieri delle isole. «Delle blockchain avevo letto in internet, e due mesi fa ho partecipato a un convegno a Milano, città dell'ingegner Furlan anche se ora ha scelto di vivere qui a Venezia, e ho scoperto un mondo che sembra fatto per Venezia, non a caso definita la più antica città del futuro, lo slogan coniato da VeniSIA dell'università Ca' Foscari, l'acceleratore di innovazione sulla sostenibilità. Sembra l'uovo di Colombo: un codice generato con queste blockchain garantirà che ogni pezzo sarà un pezzo unico e irripetibile. Così domani se un turista vorrà mangiare un vero carciofo violetto di Sant'Erasmo saprà che i ristoranti protetti da blockchain garantiranno anche quella leccornia». L'assessore Costalonga continua dunque la sua battaglia per difendere la storicità e la venezianità, i prodotti locali e unici e la qualità, e ha superato anche le paure iniziali. «Chi mi assicura che non ci saranno rischi di imitazione del marchio? Voglio dire, se noi come Amministrazione ci impegniamo a diffondere le blockchain e poi arriva qualcuno che le utilizza per copiare gli originali? Bisogna stare attenti, insomma, a non provocare ancora più danni di quelli causati, ad esempio, dai negozi di vetri cinesi e da tutti quelli di paccottiglia».
ALTRE ESPERIENZE
Poi ha verificato, invece, che anche il Mise, il ministero dello Sviluppo economico, sta studiando l'utilizzo delle blockchain nell'ambito della certificazione delle catene di rifornimento. «E, prima di Venezia, pioniere della blockchain è De Beers diamanti; inoltre innumerevoli cantine vinicole italiane e francesi le stanno utilizzando, persino la Birra Peroni; il Caseificio Torrepallavicina è il primo a garantire tracciabilità di filiera del Grana Padano; i Supermercati Carrefour, il settore del lusso e del tessile, l'automotive con Mercedes, Lamborghini, Fca. Alla fine mi sono tranquillizzato e sono convinto che sia la strada giusta. Nessun cinese potrà fare quel che fanno i nostri cittadini e le nostre imprese che saranno inerite nel marchio Venezia».
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