Max Calderan pronto alla pazzesca traversata del deserto: 1.200 chilometri a piedi

Domenica 5 Gennaio 2020 di Vittorio Pierobon
Max Calderan
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Max Calderan, 52 anni nato a Portogruaro e friulano di adozione, a partire dal 15 gennaio tenterà la traversata del Rub' al-Khali Nessuno ha mai affrontato quello che viene definito il Quarto vuoto: per estensione è la seconda distesa di sabbia dopo il Sahara «Finalmente è arrivata la chiamata, aspettavo questo momento da quando avevo 7 anni». Il cammino diventerà un documentario.
IL PERSONAGGIO
Le autorità dell'Arabia Saudita, quando gli hanno rilasciato il permesso per attraversare il deserto del Rub' al-Khali sono state molte chiare: «Nel nostro Paese il suicidio è proibito». L'impresa che Max Calderan tenterà di compiere a partire dal 15 gennaio è considerata impossibile, un viaggio senza ritorno. Mai nessun uomo ha attraversato a piedi il Quarto vuoto, il secondo deserto al mondo per estensione, dopo il Sahara, ma in assoluto il più inospitale. Solo tre esploratori, in passato, ne hanno percorso alcuni tratti. Gli arabi dicono che Allah suddivise l'universo in quattro parti: Cielo, Mare, Terra e Vuoto, lo spazio inabitabile. Quello che Calderan si propone di percorre per 1200 chilometri in solitudine. Lui è tranquillo, aspetta questo momento dal 1974, quando all'età di sette anni vide una foto del Rub' al-Khali. «Sono restato affascinato da quell'immagine - racconta - e nel tempo ho deciso che lo avrei attraversato a piedi. È diventata una specie di ossessione che mi ha accompagnato fino ad oggi. Ora, quando non ci speravo più, è giunta la chiamata». Una chiamata che è arrivata dagli Stati Uniti, da una casa di produzione cinematografica: la Empty Quarter (che ha lavorato con personaggi del calibro di Arnold Schwarzenneger e Tom Hanks), gli ha proposto di realizzare un documentario sulla traversata del deserto.
LE GRANDI TRAVERSATE
«Lei pensi ad allenarsi, noi ci occupiamo del resto». In realtà Calderan è sempre allenato. Per lui camminare nel deserto è come passeggiare sulla battigia in riva al mare. È uno specialista in esplorazioni estreme. L'elenco delle sue imprese è lunghissimo. Per ben 13 volte è stato il primo uomo a compiere un percorso inesplorato. Ha cominciamo nel 2007, quando ha percorso i 437 km sulla linea ideale del Tropico del Cancro in 90 ore e 20 minuti. Praticamente senza mai fermarsi con micrososte di 5 minuti per dormire. In questi giorni Calderan - che è nato a Portogruaro, ha una laurea in Scienze motorie e nella vita fa il consulente sportivo - è ancora a Udine, dove ha deciso di tornare a vivere, «perchè è giusto che i miei figli respirino l'aria di montagna e conoscano l'Italia», ma negli ultimi dieci anni ha vissuto prevalentemente a Dubai, dove ha la residenza, per essere più vicino al deserto, il suo habitat preferito. Nei Paesi arabi è popolarissimo, Al Jezeera, gli ha dedicato un documentario intitolato Il figlio del deserto. La partenza dall'Italia è fissata per l'11 gennaio. Il 15 comincerà l'avventura in solitaria. Ne parla con naturalezza. «Penso di compiere la traversata in 15-20 giorni. Molto dipenderà dalle condizioni atmosferiche, ma quello che conta è il risultato, non il numero dei giorni di cammino. Ci tengo a chiarire che la mia non è un'impresa agonistica, ma un'esplorazione. Dovrò documentare il mio viaggio, raccogliere campioni organici, minerali, piante, escrementi di animali. La speranza è quella di trovare tracce genetiche nuove.

GLI INCONTRI PERICOLOSI
Il Quarto Vuoto è uno dei pochi angoli del mondo ancora inesplorato. Un viaggio affascinante, colmo di insidie e pericoli. Oltre a quelle climatiche, gli animali, che non sono affatto abituati ad incontrare l'uomo». La fauna che aspetta l'esploratore fa venire i brividi: ghepardi, iene, sciacalli, scorpioni, insetti vari e un vasto campionario di serpenti. Tutti incontri potenzialmente mortali. «Sono preparato ed attrezzato - tranquillizza Calderan - nello zaino ho siero, antibiotici ed altri farmaci, indosserò pantaloni a prova di morso di rettile, però quello che conta è la capacità di integrarsi con l'ambiente per passare inosservati. Per esempio gli odori. Una settimana prima della partenza smetterò di fare la doccia con bagnoschiuma e shampoo ed userò sempre gli stessi abiti intrisi di sudore e sporchi. Lo so che fa storcere il naso, ma la sopravvivenza in situazioni estreme ha regole dure. Nel deserto la puzza è un'arma di difesa, serve a mimetizzarsi. Per questo, quando arrivo al traguardo, nessuno mi vuole abbracciare». Scherza e fa sembrare tutto normale, anche la tecnica di difesa in caso di incontro ravvicinato con un animale selvatico: «Prima regola non dormire mai di notte, perché è il momento in cui gli animali cacciano. Se un animale si avvicina troppo io gli punto negli occhi una torcia in modo da disorientarlo, poi gli corro incontro gridando per spaventarlo». Facile a dirsi, se ne rende conto e fa una raccomandazione. «Ovviamente, tutto quello che faccio io non va assolutamente imitato». Non è un Rambo, però le sue sono prestazioni da superuomo.
LA RESISTENZA DISUMANA
Ha una capacità di resistenza inimmaginabile: è in grado di percorrere 100 chilometri in meno di 24 ore senza bere un goccio d'acqua. Impossibile, viene da dire. «Io ci riesco, è frutto di una preparazione che dura una vita. Per me fare 100 chilometri senza idratarmi nel deserto è solo allenamento, lo faccio ogni due settimane per tenermi in forma». Durante la traversata del deserto ha previsto di dormire al massimo tre ore al giorno. Max è pronto per affrontare il Quarto Vuoto. Per i primi cento chilometri sarà scortato dalla troupe televisiva, poi i mezzi a motore dovranno fermarsi e comincerà il cammino in solitudine con sulle spalle uno zaino che peserà 24 chili. Sarà un cammino a impatto ambientale zero. Nulla dovrà inquinare quella sabbia incontaminata. Resteranno solo i segni delle orme delle scarpe.
«Ho autonomia di viveri per circa 400-500 km, poi dovrò fare un rifornimento, avrò un nuovo contatto con il team al mio seguito. Ma in totale sarò solo per un migliaio di chilometri». Ma cosa si pensa nelle lunghe, interminabili ore di marcia? «Anche niente. Il silenzio della natura, come diceva anche Leopardi, è indifferente al pensiero. L'importante è trovare un equilibrio interiore, perché altrimenti si rischia di diventare pazzi».
LA PAURA DI MORIRE La paura di morire può essere una brutta compagna di viaggio. Calderan confessa che per tre volte, nella sua lunga carriera di esploratore, ha creduto di essere arrivato al suo ultimo giorno: «Sono momenti difficili che vanno gestiti con quella che chiamo rassegnazione attiva. Cioè consapevolezza che puoi essere alla fine, senza arrendersi, cercando di mantenersi lucidi, senza farsi prendere dal panico. L'ultima volta è successo tre anni fa, ero negli Emirati Arabi, lungo il Tropico del Cancro, quando sono stato sorpreso da un uragano, la temperatura è precipitata, io ho perso il senso dell'orientamento. Mi sentivo allo stremo, sono riuscito a trascinarmi fino ad un punto di recupero e ho scavato una buca per proteggermi. Lo confesso credevo di morire». Ma la paura non lo ha fermato. Non ha saputo resistere al richiamo del Quarto Vuoto. A 52 anni sarà l'ultima impresa da esploratore di Max Calderan. «Poi mi dedicherò a fare a tempo pieno il padre dei miei figli: Andrea, Assia, Leon e il quarto che nascerà dopo il mio ritorno. Sarà l'impresa più bella».
 
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