Il blocco delle cerimonie religiose, dalle prime comunioni ai matrimoni, dai battesimi alle cresime, ma anche dei congressi e in generale degli eventi pubblici, a causa della pandemia, manda in rosso i conti della filiera delle feste.
Confartigianato metropolitana di Venezia calcola che in provincia siano ben 4.183 le imprese che lavorano nel settore, pari al 22% dell’intero comparto: ebbene, considerando che in tempi normali mediamente sono 25 mila gli eventi che si svolgono in un anno, quelli saltati durante i tre mesi di lockdown e quelli che restano incerti per i mesi a venire, in attesa di capire cosa sarà del Covid-19, lo stop ai festeggiamenti “pesa” per un volume di affari da 130-150 milioni di euro. Insomma, un altro pesante contraccolpo sul tessuto economico locale che non solo danneggia i fatturati di tante realtà artigiane, ma sta già aprendo allo spettro della chiusura e dei licenziamenti. In particolare, a livello di cerimonie religiose molto è fermo, come spiega il vicario episcopale del Patriarcato don Fabrizio Favaro: «Qualche matrimonio si è celebrato, ma con la capienza limitata in chiesa e il problema del banchetto alla luce delle norme sul distanziamento sociale – afferma il sacerdote – Invece, le prime comunioni e le cresime, che coinvolgono interi gruppi di bambini e ragazzi, col seguito delle loro famiglie, genitori, nonni, padrini e madrine, sono rinviate secondo quanto indicato dal Comitato tecnico scientifico e recepito dall’accordo tra governo e Chiesa».
LE MISURE DELLA DIOCESI
Misure recepite anche dalla diocesi: specialmente le cresime sono ritenute a rischio, visto che intingere il dito nell’olio sacro e toccare tutte le fronti è considerato un pericoloso volano di contagio. Per questo, mentre le prime comunioni si faranno in autunno, le cresime al momento sono state rinviate a data da destinarsi. E se anche le parrocchie giocoforza ci rimettono un mucchio di offerte, che vanno a sommarsi a quelle già perse con le messe ordinarie sospese durante il lockdown, sono migliaia gli artigiani, dipendenti e professionisti coinvolti nella filiera delle feste che guardano con preoccupazione ai prossimi mesi. Un settore, questo, molto importante come confermano i numeri: nel 2018, in provincia sono stati infatti celebrati 2.706 matrimoni, 4.355 battesimi, 5.980 prime comunioni, 5.475 cresime (quest’ultimo dato è riferito al 2019) e 7.331 eventi e congressi vari. Dunque, 25.847 appuntamenti nell’arco dei dodici mesi, che quest’anno da febbraio si sono fermati e restano sospesi anche per i mesi a venire in attesa di capire cosa succederà. Ad occuparsi di celebrazioni ci sono tante professionalità: si va dai sarti, agli orafi, dai ceramisti agli organizzatori di eventi, dai fioristi, agli operatori audio e video, dai fotografi agli acconciatori ed estetiste, dai ristoratori agli addetti al trasporto persone. Secondo le stime di Confartigianato, si parla di un giro d’affari, tra preparativi e svolgimento dell’evento, dai 130 ai 150 milioni di euro l’anno in provincia.
LE PRIME CHIUSURE
Peraltro, il pericolo di chiusura purtroppo per alcune aziende si è già materializzato, con ben 106 aziende artigiane legate alle cerimonie che si sono viste costrette a gettare la spugna. Nel dettaglio: i più colpiti sono i settori bellezza, 41 chiusure, e ristorazione, 29; seguono 11 nel settore dell’abbigliamento; altrettante negli allestimenti, alloggi e location; 7 nell’artistico e nell’intrattenimento e servizi audio e video. Insomma, emergono segnali di cedimento poco incoraggianti, tanto che il presidente di Confartigianato metropolitana Salvatore Mazzocca lancia un appello a chi di dovere, la politica: «Visto il recente Bando per contributi a supporto delle micro e piccole imprese colpite da Covid-19 nei settori commercio, somministrazione e servizi alla persona – afferma – anche per la filiera degli eventi sarebbe opportuno intervenire a sostegno dei nostri imprenditori e lavoratori maggiormente colpiti. Ci appelliamo alla Regione anche per questi “invisibili” del variegato business delle cerimonie e degli eventi, auspicando, che possa essere approvata al più presto una analoga misura di sostegno, che metta a disposizione delle imprese dei contributi d’emergenza a fondo perduto. In questo momento – conclude – anche importi che possono apparire modesti possono diventare un aiuto, un segnale importante per supportare la resilienza delle aziende, nell’attesa di una ripartenza di questo settore».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Confartigianato metropolitana di Venezia calcola che in provincia siano ben 4.183 le imprese che lavorano nel settore, pari al 22% dell’intero comparto: ebbene, considerando che in tempi normali mediamente sono 25 mila gli eventi che si svolgono in un anno, quelli saltati durante i tre mesi di lockdown e quelli che restano incerti per i mesi a venire, in attesa di capire cosa sarà del Covid-19, lo stop ai festeggiamenti “pesa” per un volume di affari da 130-150 milioni di euro. Insomma, un altro pesante contraccolpo sul tessuto economico locale che non solo danneggia i fatturati di tante realtà artigiane, ma sta già aprendo allo spettro della chiusura e dei licenziamenti. In particolare, a livello di cerimonie religiose molto è fermo, come spiega il vicario episcopale del Patriarcato don Fabrizio Favaro: «Qualche matrimonio si è celebrato, ma con la capienza limitata in chiesa e il problema del banchetto alla luce delle norme sul distanziamento sociale – afferma il sacerdote – Invece, le prime comunioni e le cresime, che coinvolgono interi gruppi di bambini e ragazzi, col seguito delle loro famiglie, genitori, nonni, padrini e madrine, sono rinviate secondo quanto indicato dal Comitato tecnico scientifico e recepito dall’accordo tra governo e Chiesa».
LE MISURE DELLA DIOCESI
Misure recepite anche dalla diocesi: specialmente le cresime sono ritenute a rischio, visto che intingere il dito nell’olio sacro e toccare tutte le fronti è considerato un pericoloso volano di contagio. Per questo, mentre le prime comunioni si faranno in autunno, le cresime al momento sono state rinviate a data da destinarsi. E se anche le parrocchie giocoforza ci rimettono un mucchio di offerte, che vanno a sommarsi a quelle già perse con le messe ordinarie sospese durante il lockdown, sono migliaia gli artigiani, dipendenti e professionisti coinvolti nella filiera delle feste che guardano con preoccupazione ai prossimi mesi. Un settore, questo, molto importante come confermano i numeri: nel 2018, in provincia sono stati infatti celebrati 2.706 matrimoni, 4.355 battesimi, 5.980 prime comunioni, 5.475 cresime (quest’ultimo dato è riferito al 2019) e 7.331 eventi e congressi vari. Dunque, 25.847 appuntamenti nell’arco dei dodici mesi, che quest’anno da febbraio si sono fermati e restano sospesi anche per i mesi a venire in attesa di capire cosa succederà. Ad occuparsi di celebrazioni ci sono tante professionalità: si va dai sarti, agli orafi, dai ceramisti agli organizzatori di eventi, dai fioristi, agli operatori audio e video, dai fotografi agli acconciatori ed estetiste, dai ristoratori agli addetti al trasporto persone. Secondo le stime di Confartigianato, si parla di un giro d’affari, tra preparativi e svolgimento dell’evento, dai 130 ai 150 milioni di euro l’anno in provincia.
LE PRIME CHIUSURE
Peraltro, il pericolo di chiusura purtroppo per alcune aziende si è già materializzato, con ben 106 aziende artigiane legate alle cerimonie che si sono viste costrette a gettare la spugna. Nel dettaglio: i più colpiti sono i settori bellezza, 41 chiusure, e ristorazione, 29; seguono 11 nel settore dell’abbigliamento; altrettante negli allestimenti, alloggi e location; 7 nell’artistico e nell’intrattenimento e servizi audio e video. Insomma, emergono segnali di cedimento poco incoraggianti, tanto che il presidente di Confartigianato metropolitana Salvatore Mazzocca lancia un appello a chi di dovere, la politica: «Visto il recente Bando per contributi a supporto delle micro e piccole imprese colpite da Covid-19 nei settori commercio, somministrazione e servizi alla persona – afferma – anche per la filiera degli eventi sarebbe opportuno intervenire a sostegno dei nostri imprenditori e lavoratori maggiormente colpiti. Ci appelliamo alla Regione anche per questi “invisibili” del variegato business delle cerimonie e degli eventi, auspicando, che possa essere approvata al più presto una analoga misura di sostegno, che metta a disposizione delle imprese dei contributi d’emergenza a fondo perduto. In questo momento – conclude – anche importi che possono apparire modesti possono diventare un aiuto, un segnale importante per supportare la resilienza delle aziende, nell’attesa di una ripartenza di questo settore».