MUSILE DI PIAVE - “Massaggi” a luci rosse, sfilata di testimoni nella caserma della Guardia di Finanza di San Donà. Pensionati, padri di famiglie, ma anche professionisti del Veneto orientale e della vicina provincia di Treviso, oltre che di altre zone del Veneto, che avrebbero usufruito dei particolari “trattamenti” del centro benessere affacciato sulla Triestina sul quale nei giorni scorsi sono comparsi i sigilli di sequestro nell’ambito dell’inchiesta sulla rete di locali a sfondo hard dietro cui potrebbe celarsi, oltre al fenomeno della prostituzione, anche il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Una vera caccia ai “mercanti di donne”, insomma. Che non si è certo conclusa con il sequestro preventivo del centro benessere a “luci rosse” e l’arresto (poi tramutato in obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria) della donna che lo gestiva. Mentre, infatti, sembra essere esaurito il filone che riguarda nello specifico il Centro Tuina Relax, situato a Musile, lungo la Statale Triestina, rimarrebbe aperto quello relativo al reperimento delle ragazze che offrivano prestazioni sessuali al centro stesso. Al momento di intervenire, gli agenti delle Fiamme Gialle ne hanno trovate due, entrambe asiatiche, una delle quali clandestina e per questo espulsa.
Il centro massaggi di Musile era formalmente intestato ad un cittadino orientale “irreperibile”: un prestanome, che sarebbe stato identificato dalla Guardia di Finanza; da capire se fosse a conoscenza dell’attività che realmente si svolgeva nel centro benessere dai risvolti a “luci rosse”. Dalle indagini è emerso che le ragazze sarebbero state reclutate da un connazionale attraverso un annuncio pubblicato su un sito in lingua cinese, unitamente al contatto da utilizzare per essere assunte: un numero di telefono associato a un servizio di messaggeria e chiamate denominato “WeChat”, in pratica la versione cinese di Whatsapp. Non solo. Le richieste di “trattamenti” a quanto pare avvenivano a loro volta attraverso un’utenza mobile, formalmente intestata al titolare “irreperibile” ma di fatto in uso alla donna che gestiva il centro, che forniva indicazioni per raggiungerlo, concordava il prezzo (da un minimo di 40 ad un massimo di 100 euro) e la tipologia delle prestazioni sessuali garantite dalle connazionali cinesi indotte a prostituirsi. Dalla perquisizione che ne è seguita sono stati rinvenuti numerosi elementi di prova, compresi “giocattoli” e riviste per adulti, oltre a confezioni di preservativi. Di conseguenza, il centro massaggi a luci rosse è stato sottoposto a sequestro preventivo. Per quanto riguarda i clienti, che pare arrivassero da tutto il Veneto, non sarebbe emerso nessun elemento di coinvolgimento diretto nell’illecita attività.
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