Mariano Fortuny uno dei più grandi stilista, designer, pittore e scenografo del secolo scorso

Lunedì 6 Dicembre 2021 di Alberto Toso Fei
Mariano Fortuny nel ritratto di Matteo Bergamelli

VENEZIA - Chi non conosce Palazzo Fòrtuny a Venezia, spazio espositivo che trasuda ancora la raffinatezza derivatagli dall'essere stato dimora di uno dei più grandi stilisti e designer della prima metà del Novecento, Mariano Fortùny? Sulla "u", infatti, e non sulla "o", andrebbe posto l'accento del cognome, poiché Fortuny - pur essendo venezianissimo nell'anima - era nato in Spagna, l'11 maggio 1871: a Granada, precisamente, dal pittore Catalano Marià Fortùny i Marsal e da Cecilia de Madrazo, proveniente anch'essa da una famiglia di artisti (e collezionista di stoffe antiche).

Il suo nome per intero fu infatti Mariano Fortùny y Madràzo.

Didascalia

La famiglia viveva a Roma, dove il padre aveva un suo atelier rinomato. Ma nel 1874 rimasto orfano di padre a soli tre anni, fu portato a vivere a Parigi dalla madre, con la sorella Maria Luisa, e in quell'ambiente si accostò alla pittura grazie allo zio Raymundo de Madrazo, ritrattista alla moda: fu una delle diverse discipline che praticò dando sfogo al suo genio creativo; quella che - in tarda età - ritenne essere la più affine al suo temperamento. Perché Mariano Fortuny fu moltissime altre cose.

Compiuti i suoi diciotto anni, la famiglia si trasferì a Venezia, dove Fortuny iniziò a frequentare circoli accademici e cenacoli artistici internazionali: tra i suoi amici vi furono Gabriele D’Annunzio, Ugo Ojetti, Eleonora Duse, Hugo von Hofmannsthal, la marchesa Casati, Giovanni Boldini. Per la sua attività di pittore fu premiato nel 1896 con una medaglia d'oro all'Esposizione internazionale di Monaco di Baviera per il dipinto "Le fanciulle fiori" (conservato a Palazzo Fortuny) e nel 1899 prese parte per la prima volta alla Biennale di Venezia, esponendo un ritratto nel padiglione spagnolo.

Fu in questo periodo che iniziò a volgere i suoi interessi dalla pittura alla scenografia e all'illuminotecnica. Nel 1900 realizzò alcune scene e costumi per la prima assoluta del "Tristano e Isotta" alla Scala di Milano. Contemporaneamente, iniziò a concepire l’idea della “Cupola”, ovvero un sistema illuminotecnico complesso che finì per liberare la scenografia teatrale dalle rigide impostazioni tradizionali attraverso l’utilizzo della luce indiretta e diffusa. Fu un grandissimo successo. Ancora oggi le sue elegantissime lampade sono ammirabili a Palazzo, ma anche nelle vetrine di alcuni negozi veneziani che - a distanza di oltre un secolo - continuano a commercializzarle.

Ma quel primo scorcio di Novecento è fatto di ricerca, di eclettismi, di indagini nel settore delle arti applicate; la creatività di Mariano Fortuny cercò nuovi stimoli: iniziò a concepire, in sodalizio con Henriette Nigrin, che lo aveva seguito da Parigi e che a Venezia diventò sua moglie, creazioni di moda. Con Henriette creò "Delphos", la lunga tunica in tessuto leggero ispirata all'abbigliamento greco caratterizzata da sottilissime piegoline: era la "plissettatura", inventata dalla coppia, il cui brevetto fu depositato nel 1909. Leggenda racconta che prima acquirente del nuovo modello fu la marchesa Luisa Casati.

Fu invece Eleonora Duse, per la quale Fortuny aveva disegnato nel 1904 i costumi per "La donna del mare" di Ibsen, a far maturare in lui quella coscienza dell'abito come opera d'arte destinata a adornare il corpo. I Fortuny (che avevano organizzato a Palazzo Pesaro degli Orfei - così come era conosciuto prima di prendere il loro nome - un laboratorio per la stampa dei tessuti) fondarono l'azienda "Tessuti Artistici Fortuny srl" che tutt'oggi è attiva sull'isola della Giudecca e produce tessuti di lusso con le stesse tecniche e gli stessi macchinari ideati dalla coppia.

Dall'interesse di Mariano Fortuny per la luce nacque l'incontro con la fotografia. Fu uno dei rari possessori di una Panoramic Kodak. A Palazzo Fortuny si conservano - insieme con i dipinti, le lampade, le stoffe e gli arredi - più di diecimila negativi su vetro. Da questa passione nacquero altre invenzioni: dalla carta da stampa fotografica ai colori a “Tempera Fortuny”. Sul finire degli Anni Trenta Mariano Fortuny riprese lo studio della pittura. Morì nel suo palazzo veneziano (donato nel 1956 da Henriette alla città) il 3 maggio 1949, a 78 anni, e fu sepolto al Verano a Roma, accanto al padre. L'anno seguente alcuni suoi dipinti furono esposti alla XXV Biennale con quelli del padre e dei Madrazo.

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