Nuove accuse contro l'imprenditore, Marco Zennaro costretto ancora in carcere

Lunedì 14 Giugno 2021 di Davide Tamiello
I selfie della disperazione di Marco Zennaro
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VENEZIA - Quando ha visto tutti quegli amici riuniti per lottare al suo fianco, per chiedere la sua liberazione, non ha retto. Marco Zennaro, l’imprenditore veneziano detenuto in Sudan da due mesi e mezzo, è scoppiato in lacrime.

Durante la manifestazione di solidarietà dei regatanti, ieri, la moglie Carlotta è riuscita a contattarlo con una videochiamata (Marco, infatti, ha ottenuto grazie alla mediazione della Farnesina e dell’ambasciata, la possibilità di tenere il proprio telefono durante la detenzione: ora si trova in una cella del commissariato di Bahri, a nord di Khartoum).

«Prima ci ha ringraziati, poi è scoppiato a piangere dicendo di non farcela più - racconta il presidente dei regatanti, Claudio Carrettin -. A tutti è venuto il nodo in gola e gli abbiamo urlato di tener duro, di non mollare, che lo stiamo aspettando. È stata dura vederlo in quello stato, piangevamo tutti». Ieri mattina si sono dati appuntamento in 200, sul ponte di Rialto, con striscioni e magliette rosse con la scritta “Marco libero”, per attendere a mezzogiorno l’arrivo dell’ultima staffetta della 24 ore di voga dedicata al 46enne. Marco, infatti, è un grande appassionato di remi oltre che un ex rugbista: tanti, tra ex compagni di squadra e allievi, hanno partecipato alla manifestazione.

LA SITUAZIONE

La famiglia resta in attesa: ieri doveva essere la giornata delle buone notizie. I 700 mila euro chiesti per chiudere la causa civile per cui Marco è finito nei guai, infatti, sono stati trovati. L’udienza, fissata ieri dal procuratore generale, avrebbe dovuto (in teoria) dare la possibilità, quantomeno, di trasferire Marco ai domiciliari in albergo. E invece no. L’udienza è saltata: il procuratore generale ha voluto prendere del tempo perché, nel frattempo, sono spuntate delle nuove accuse. L’avvocato della famiglia Zennaro ha già presentato ricorso ma il procuratore ha annunciato di voler eseguire un altro giro di interrogatori e approfondimenti per capire la situazione prima di esprimersi.

LE NUOVE ACCUSE

La vicenda giudiziaria di Marco è decisamente intricata. Il primo filone d’accusa nasce da una partita di trasformatori elettrici che, secondo il cliente sudanese, non soddisfacevano determinati parametri promessi. Dal punto di vista penale (dopo due mesi di detenzione) il procuratore aveva archiviato il caso, ritenendo Marco non colpevole. Era rimasto in piedi, però, il processo civile: quello che, con i 700 mila euro, potrebbe definitivamente chiudersi. Non è più il caso iniziale a tenere in scacco Marco, dunque, ma queste fantomatiche nuove cause. Accuse su cui, finora, le autorità giudiziarie sudanesi e quelle diplomatiche italiane non si sono mai espresse con precisione, ma secondo il blog “Focus on Africa” diretto dalla giornalista Antonella Napoli, per molti anni inviata in Sudan e specializzata nelle vicende politiche e giudiziarie di questo paese, i contenziosi a carico di Marco sarebbero più di uno, (forse) quattro, per un totale di circa due milioni di euro. Se fosse effettivamente così, il caso di Marco Zennaro potrebbe essere ancora distante dalla risoluzione. Non è dato sapere né l’entità né l’attendibilità di queste accuse: non è da escludere nemmeno che, considerata l’iniziale disponibilità a pagare dimostrata dal 46enne (in un primo momento, infatti, aveva transato con il cliente un accordo bonario da 400mila euro per tornarsene a casa) qualche altra azienda abbia deciso di agganciarsi al caso per provare a batter cassa. Al momento sono solo ipotesi, la decisione finale spetterà al procuratore generale. La famiglia e gli amici di Marco sperano che entro la prossima settimana anche quei procedimenti finiscano nel cassetto dei fascicoli archiviati della procura sudanese e Marco possa salire su un aereo per tornare a casa.

Ultimo aggiornamento: 17:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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