VENEZIA - Marco Zennaro, l'imprenditore veneziano trattenuto (e prima detenuto) in Sudan da mesi rischierebbe di tornare in carcere.
Il caso di Marco, ormai, è un'odissea infinita. Finito agli arresti in marzo per una controversia commerciale, poi trasferito in commissariato in custodia e infine in carcere: per un totale di 74 giorni di detenzione prima di poter tornare ai domiciliari in albergo. A tenerlo inchiodato in Sudan due procedimenti: due cause civili dopo che le rispettive azioni penali nei suoi confronti sono cadute una dopo l'altra. Resta in piedi un procedimento avanzato da un miliziano filo-governativo che contesta a Zennaro la fornitura di una partita difettosa di trasformatori elettrici e per i quali vorrebbe un risarcimento di 700mila euro, dopo che Marco Zennaro ne aveva già pagati 400mila. L'udienza in calendario è stata rinviata al 9 agosto, congelando la situazione e impedendo la restituzione del passaporto all'imprenditore.
INCONTRO IN FARNESINA
Per la prima volta dopo oltre quattro mesi rientrerà in Italia, questa mattina, papà Cristiano. Incontrerà il direttore generale della Farnesina, Luigi Vignali, incaricato dallo stesso ministro degli Esteri Luigi di Maio di seguire il caso. «Mio figlio è malato - racconta papà Cristiano - e temo per la sua incolumità, temo possa commettere un gesto estremo. È prioritario quindi un suo immediato rientro a casa». Il nodo è più complesso del previsto: il tribunale di Khartoum ha comunicato ai legali di Zennaro (ma anche ai funzionari della Farnesina) che non accetteranno mai di togliere il divieto di viaggio e il blocco del passaporto dell'imprenditore se non con un consenso del miliziano. «La soluzione politica è tramontata - continua Cristiano - chiederò pertanto all'istituzione di farsi garante in corte per una causa che non ha alcun fondamento, come noto all'ambasciatore. L'arresto del 1. aprile è stato illegale, così come il fermo senza alcun documento al momento dell'imbarco dopo il controllo passaporto, è stato illegale il sequestro senza alcun mandato di arresto per 7 ore a cui ambasciatore, vice e altro funzionario hanno assistito ed è stato illegale il mandato di arresto essendo poi Marco stato scagionato da ogni accusa».
L'EPISODIO
I famigliari, per spiegare la situazione vissuta da Marco, ricordano uno dei momenti più drammatici della sua prigionia. «Marco - racconta la sorella Gilda - aveva la febbre a 40 in una cella con 50 gradi e aveva male di stomaco. Mio padre aveva ottenuto l'autorizzazione del procuratore a farlo ricoverare in una clinica privata. Il capo commissariato, prima aveva voluto la documentazione in originale, poi l'aveva fatta sparire e non si era più trovata. D'improvviso la notte dopo, Marco era stato prelevato di forza con manette, e scortato da 4 uomini armati che l'avevano portato in un ospedale pubblico dove i militari avevano dettato alla dottoressa l'esito degli esami, senza che gliene fossero stati fatti concretamente».